In tema di intermediazione finanziaria, la banca risponde senz’altro dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate, quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all’esercizio delle mansioni.
Quando, però, la condotta dello stesso investitore può far venire meno la responsabilità dell’intermediario?
Abbiamo approfondito questo tema quasi due anni fa (vedi Danni arrecati dal consulente finanziario alla clientela: sussiste (quasi) sempre la responsabilità solidale dell’intermediario finanziario); nelle more, la Corte di Cassazione ha continuato a richiamare, ed applicare, il medesimo principio.
In particolare, secondo la Suprema Corte, la condotta del terzo investitore può fare venire meno la responsabilità qualora sia per lui chiaramente percepibile che il preposto, abusando dei propri poteri, agisca per finalità estranee a quelle del preponente, ovvero quando il medesimo danneggiato sia consapevolmente coinvolto nell’elusione della disciplina legale da parte dell’intermediario od abbia prestato acquiescenza all’irregolare agire dello stesso, palesata da elementi presuntivi. Sono stati reputati tali elementi quali il numero o la ripetizione delle operazioni poste in essere con modalità irregolari, il loro valore complessivo, l’esperienza acquisita nell’investimento di prodotti finanziari, la conoscenza del complesso iter funzionale alla sottoscrizione di programmi di investimento e le complessive condizioni culturali e socioeconomiche dell’investitore.
Si tratta, all’evidenza, e nella sostanza, di una eccezione fondata sulla condotta negligente del cliente danneggiato, rilevante in termini di concorso di colpa ex art. 1227 c.c.
Tra le decisioni più recenti, si segnala l’ordinanza n. 13521 del 17 maggio 2023 che ha rigettato il ricorso della cliente proprio sulla base dell’orientamento ora richiamato.
In quel caso, il giudice di merito aveva accertato non solo la sussistenza di una relazione fiduciaria tra l’investitrice e l’istituto, ma anche, ed appunto, la condotta gravemente incauta della prima, caratterizzata da anomalie percepibili da chiunque avesse una minima pratica di rapporti bancari e che avrebbero dovuto spingere la cliente ad avere un atteggiamento di maggiore prudenza.
Secondo la Corte, tale rilievo, che era stato svolto dalla Corte territoriale, sarebbe conforme alla propria giurisprudenza secondo la quale gli istituti di credito rispondono dei danni arrecati a terzi dai propri incaricati nello svolgimento delle incombenze loro affidate “quando il fatto illecito commesso sia connesso per occasionalità necessaria all'esercizio delle mansioni, ma la responsabilità dell'intermediario per i danni arrecati dai propri promotori finanziari è esclusa ove il danneggiato ponga in essere una condotta agevolatrice che presenti connotati di anomalia, vale a dire, se non di collusione, quantomeno di consapevole acquiescenza alla violazione delle regole gravanti sul promotore”.