La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 13540/23 del 17 maggio 2023, è tornata a pronunciarsi sui criteri da adottare per il riconoscimento e la quantificazione del danno non patrimoniale subito dai parenti di persona che abbia subito, a causa di un fatto illecito, lesioni personali.
La vicenda processuale origina dalla domanda risarcitoria proposta da una persona gravemente lesa a seguito di icidente stradale, e dai suoi congiunti, contro la compagnia assicuratrice del presunto responsabile per i danni conseguenti al predetto incidente.
La Corte territoriale aveva ritenuto che, «nonostante la molteplicità di elementi raccolti, sia in primo grado che in appello, fosse impossibile ricostruire l'esatta dinamica del sinistro». Su queste premesse concludeva nel senso della necessità di applicare «la presunzione di corresponsabilità dettata dall'art. 2054, comma 2, c.c., riconoscendo il concorso di colpa di entrambi i conducenti nella causazione del sinistro».
L’ordinanza in esame ha rinvenuto un insanabile vizio motivazionale in tale ricostruzione, rilevando, da un lato, come fosse stata accertata in capo ad uno dei due conducenti la precisa violazione di una regola di condotta (in particolare, il mancato rispetto dell’obbligo di precedenza ai veicoli provenienti dall’opposto senso di marcia) e, dall’alto, come fossero stati introdotti nel processo elementi istruttori sufficienti a ricostruire la dinamica dell’incidente o comunque a motivare la diversa ricostruzione dell’accaduto.
Non erano dunque sussistenti, secondo i Giudici di legittimità, i presupposti per il ricorso alla presunzione di cui all’art. 2504, comma 2, c.c. che è una regola sussidiaria applicabile per ripartire le responsabilità non solo nei casi in cui sia certo l'atto che ha causato il sinistro e sia, invece, incerto il grado di colpa attribuibile ai diversi conducenti, ma anche quando non sia possibile accertare il comportamento specifico che ha causato il danno.
La pronuncia in esame, quindi, conclude che «in presenza di una serie di elementi obiettivi entrati a far parte del giudizio, non è consentito applicare la presunzione di pari responsabilità se non a mezzo di una motivata ricostruzione della dinamica ancorata alle risultanze istruttorie, delle quali ben può essere fornita una diversa lettura e riconosciuta una diversa rilevanza all'interno della formazione del convincimento, ma dalle quali non si può completamente prescindere per formulare una diversa ricostruzione meramente ipotetica e, sulla base di quella, applicare la presunzione di corresponsabilità a carico dei due soggetti coinvolti nello scontro».
Con riferimento al risarcimento del danno non patrimoniale subito dai parenti dalla vittima, in conseguenza delle lesioni subite dal loro congiunto, l’ordinanza in commento ribadisce che «ai prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito, lesioni personali, può spettare anche il risarcimento del danno non patrimoniale concretamente accertato da lesione del rapporto parentale, in relazione ad una particolare situazione affettiva della vittima, non essendo ostativo il disposto dell'art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso».
Il pregiudizio si traduce in un «patema d'animo» ed in uno «sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto» e non è pertanto accertabile con metodi scientifici e può essere accertato per presunzioni, fra le quali assume rilievo «il rapporto di stretta parentela esistente fra la vittima ed i suoi familiari che fa ritenere, secondo un criterio di normalità sociale, che essi soffrano per le gravissime lesioni riportate dal loro prossimo congiunto». Ovviamente, e non potendo configurarsi un danno in re ipsa, resta ferma la possibilità, per la controparte, di dimostrare l’assenza di un legame affettivo (in questi termini, Cass., 30 agosto 2022, n. 25541).
Su queste premesse, l’ordinanza ha proceduto a considerare distintamente le varie posizioni dei congiunti al fine di individuare il criterio appropriato nella quantificazione del danno.
Con particolare riguardo al nipote della vittima non ancora nato al momento dell’incidente, il Supremo Collegio rileva che «non sussiste, in difetto dell'attualità del rapporto, una presunzione di afflittività conseguente alla necessaria riconfigurazione del rapporto stesso col nonno, fin dal suo sorgere, conseguente alle menomate condizioni fisiche di questi». A giudizio della Corte «l'esistenza di un pregiudizio subito dal nipote per i danni alla persona riportati dal nonno è un danno futuro soltanto eventuale, come tale non risarcibile» (in questo senso, è richiamata Cass., 26 aprile 2022, n. 12987, che ha escluso la risarcibilità dei danni invocati dalla nipote di un uomo deceduto in un sinistro stradale che, all'epoca della perdita del nonno, aveva otto mesi).
Non potendo operare la prova presuntiva, l’rodinanza conclude che «il bambino, venuto alla luce, conoscerà il nonno, il loro rapporto si configurerà fin dall'inizio sulle possibilità fisiche che avrà questi al momento del loro incontro, e non è automatico né presumibile che da una limitata mobilità fisica del nonno il rapporto affettivo tra i due possa essere limitato o deteriorato».
Ai fini della quantificazione del danno, la Corte ritiene doversi fare riferimento alle tabelle predisposte dal Tribunale di Roma, le quali contengono un quadro dedicato alla liquidazione dei danni subiti dai congiunti della vittima primaria in caso di lesioni.