Con l’ordinanza interlocutoria n. 19900 del 2024 la Corte di Cassazione ha disposto la trasmissione degli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite delle questioni legate alla validità dei contratti di finanziamento che fanno riferimento all’indice Euribor illecitamente alterato da un accordo restrittivo della concorrenza.
1. – Lo scopo dell’intesa anticoncorrenziale volta all’alterazione dell’Euribor e i contratti ‘a valle’
Nell’ordinanza in commento la Corte ha ritenuto di dover prendere le distanze dall’orientamento giurisprudenziale formatosi in seno alla Terza Sezione Civile della Cassazione ed espresso dall’ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023 e successivamente puntualizzato dalla più recente sentenza n. 12007 del 3 maggio 2024.
La Cassazione, esaminati gli scopi dell’intesa anticoncorrenziale illecita realizzata da alcuni operatori economici e sanzionata dalla Commissione Europea, dubita che i contratti di finanziamento parametrati al tasso Euribor, proprio in ragione dello scopo per cui l’intesa era stata raggiunta, possano considerarsi propriamente contratti “a valle” non risultando essenziali a realizzare e ad attuare gli effetti dell’accordo illecito.
Secondo la ricostruzione operata nell’ordinanza interlocutoria, l’intesa restrittiva accertata dalla Commissione Europea“era orientata alla riduzione dei flussi di cassa che i partecipanti avrebbero dovuto pagare a titolo degli «EIRD» o dall’aumento di quelli che essi dovevano ricevere a tale titolo e ha, dunque, riguardato un mercato, quello degli «EIRD», diverso da quello dei mutui a tasso variabile, di cui partecipa sia il contratto dedotto in giudizio, sia quelli interessati dalle richiamate pronunce della Terza Sezione”.
Ciò premesso, afferma la Corte, concernendo l’intesa illecita il diverso mercato degli «EIRD», i contratti di finanziamento che richiamano per la determinazione del tasso l’indice Euribor non possono costituire il mezzo di violazione della normativa antitrust “e ciò a prescindere da ogni considerazione in ordine alla conoscenza dell’esistenza dell’intesa illecita e/o dall’intenzione di avvalersi del relativo risultato oggettivo”.
La Corte ritiene che sia opportuno rivedere l’orientamento della Terza Sezione che, muovendo dai principi espressi dalla richiamata decisione delle Sezioni Unite n. 41994 del 30 dicembre 2021, è giunto alla conclusione per cui “l’accertamento dell’intesa restrittiva della concorrenza determina sempre la nullità dei contratti «a valle» che ne costituiscono attuazione”.
Secondo la Corte, un’indiscriminata estensione del principio a tutti i contratti “a valle” di intese restrittive della concorrenza “potrebbe condurre a conclusioni inappaganti o, comunque, inefficienti nelle ipotesi in cui tali contratti siano vantaggiosi – quanto meno nel breve periodo – per il contraente del mercato a valle, esponendo quest’ultimo all’azione di nullità del concorrente pregiudicato dall’intesa illecita”.
Per tali ragioni, nell’ordinanza in commento, la Corte ritiene che sia preferibile “una lettura restrittiva” dei principi espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021 resa con riguardo ad uno specifico fenomeno relativo alla riproduzione in contratti di fideiussione di clausole rispondenti allo schema predisposto dall’ABI dichiarate frutto di intesa restrittiva della concorrenza dalla Banca d’Italia e il cui effetto era proprio quello di rendere la disciplina più gravosa per il contraente, imponendogli maggiori obblighi e senza riconoscergli alcun corrispondente diritto.
La Corte ritiene che, nel caso di specie, l’alterazione dell’indice Euribor ad opera dell’intesa anticoncorrenziale – e quindi per fatto illecito del terzo – non possa determinare, alla luce dell’impianto codicistico, la nullità dei contratti di finanziamento che per la determinazione degli interessi dovuti facevano riferimento proprio al predetto parametro.
L’illecito del terzo, secondo quanto affermato nell’ordinanza interlocutoria, “oltre a non determinare nullità nel quadro della disciplina antitrust, una volta escluso che contratti come quello in discorso possano essere considerati quali contratti «a valle», produce, nell’impianto codicistico, limitate ricadute, quanto a validità, sul contratto al quale il terzo è estraneo e, comunque, non in termini di nullità, ma semmai di annullabilità, giusta il disposto del secondo comma dell’art. 1439 cod. civ., cui la citata sentenza della Terza sezione parrebbe del resto voler alludere, laddove discorre di «prova della conoscenza di tali intese e/o pratiche da parte di almeno uno dei contraenti»; il che rende, però, disagevole ricostruire quale sia la base normativa della «eventuale possibilità di sostituzione del parametro richiamato dalla clausola contrattuale con un altro valore»”.
A ciò la Corte aggiunge che la clausola determinativa degli interessi del contratto di mutuo a mezzo dell’Euribor non possa considerarsi nulla neppure facendo riferimento alla disciplina consumeristica “se si considera che l’art. 33 cod. cons. colloca al di fuori della presunzione di vessatorietà le pattuizioni concernenti «prodotti o servizi il cui prezzo è collegato alle fluttuazioni … di un tasso di mercato finanziario non controllato dal professionista»”.
L’illecito del terzo non sarebbe in grado neppure di far venir meno l’esistenza del consenso delle parti. Ciò varrebbe, dice la Cassazione, non solo per quanto riguarda i contratti stipulati prima del 29 settembre 2005, ma anche per quelli stipulati nell’arco temporale del triennio coperto dalla decisione (si precisa che la Commissione Europea con la decisione del 4 dicembre 2013 aveva accertato l’illecita alterazione dell’indice Euribor per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008).
L’ordinanza interlocutoria partendo dalla premessa per cui “l'Euribor non è il tasso di interesse applicato in contratto, ma un mero indice di mercato impiegato quale fattore di calcolo della misura del tasso di interesse” ritiene che “l’accordo contrattuale si forma – e, in tal senso, si obiettivizza – sull’applicazione dell’indice Euribor, così come ufficialmente stabilito e dunque inteso nel suo dato formale, indipendentemente dalla correttezza del procedimento seguito per la sua rilevazione”.
L’indicazione dei tassi di interesse solitamente convenuti nei contratti di finanziamento “mediante rinvio a parametri elaborati da istituzioni sovranazionali” – come quello oggetto di giudizio che prevede quale parametro di riferimento l’Euribor –, per la Cassazione, sarebbe quindi conforme al principio della determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto ex art. 1346 cod. civ. in quanto, nei predetti casi, le parti si limiterebbero “a richiamare, volendo guardare realisticamente al tema, non già la complessa formula di calcolo dell’Euribor, plausibilmente ignota al mutuatario, e non di rado forsanche al mutuante, bensì un fatto esterno al contratto che è assunto nel regolamento negoziale nella sua oggettività, per come risultante dal dato numerico ufficiale che ne esprime il significato, ossia il suo valore”.
L’alterazione del parametro richiamato in contratto ai fini della determinazione del tasso di interesse del finanziamento rileverebbe piuttosto nel processo di formazione della volontà delle parti determinando una “falsa rappresentazione della realtà”, con la conseguenza che la parte potrà fare ricorso agli ordinari rimedi previsti per i vizi del consenso o per la violazione del generale principio del neminem ledere.
Su tale ultimo punto, la Corte precisa che la violazione del principio del neminem ledere dovrà essere fatta “valere ovviamente nei confronti di chi l’illecito ha commesso”.
Tale soluzione sarebbe da preferire, in quanto, contrariamente al rimedio della nullità, non esporrebbe il mutuatario alla restituzione del capitale residuo mutuato o comunque al versamento di maggiori interessi.
2. – Sintesi delle questioni rimesse alle Sezioni Unite
A conclusione dell’ordinanza interlocutoria in commento, la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno rimettere la causa alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, al fine di dirimere le seguenti questioni di diritto:
-“se il contratto di mutuo contenente la clausola di determinazione degli interessi parametrata all’indice Euribor costituisca un negozio «a valle» rispetto all’intesa restrittiva della concorrenza accertata, per il periodo dal 29 settembre 2005 al 30 maggio 2008, dalla Commissione dell’Unione Europea con decisioni del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, o se, invece, indipendentemente dalla partecipazione del mutuante a siffatta intesa o dalla sua conoscenza dell’esistenza di tale intesa e dell’intenzione di avvalersi del relativo risultato, tale non sia, mancando il collegamento funzionale tra i due atti, necessario per poter ritenere che il contratto di mutuo costituisca lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti”;
- “se la alterazione dell’Euribor a causa di fatti illeciti posti in essere da terzi rappresenti una causa di nullità della clausola di determinazione degli interessi di un contratto di mutuo parametrata su tale indice per indeterminabilità dell’oggetto o piuttosto costituisca un elemento astrattamente idoneo ad assumere rilevanza solo nell’ambito del processo di formazione della volontà delle parti, laddove idoneo a determinare nei contraenti una falsa rappresentazione della realtà, ovvero quale fatto produttivo di danni”.
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