La retribuzione del lavoratore può essere ridotta?

La disciplina racchiusa nell’art. 2103 c.c. (come modificato dall’art. 3 D.lgs. n. 81/2015) - secondo la quale possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, del livello di inquadramento o della retribuzione nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità, o al miglioramento delle condizioni di vita nelle sedi di cui all’art. 2113 c.c. - ricomprende tutte le ipotesi di accordo per la riduzione della retribuzione, anche senza mutamento di mansioni o di livello di inquadramento. Questo è il principio generale confermato anche recentemente dalla Corte di Cassazione (ordinanza Cass. 9 ottobre 2024, n. 26320).

Come si legge nella pronuncia, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, il principio della irriducibilità della retribuzione, dettato dall’art. 2103 c.c., implica che la retribuzione concordata al momento dell’assunzione non è riducibile neppure a seguito di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro e che ogni patto contrario è nullo in ogni caso in cui il compenso pattuito anche in sede di contratto individuale venga ridotto (salve le eccezioni riguardanti componenti della retribuzione erogate per compensare particolari modalità della prestazione lavorativa, cfr. Cass. n. 4055/2008n. 19092/2017n. 23205/2023).

Nella vicenda affrontata dalla Corte, il giudice di appello, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato la nullità dell’accordo mediante il quale era stata ridotta la retribuzione del lavoratore perché formalizzato in violazione delle norme imperative (stabilite nell’art. 2103 c.c. citato) sebbene avesse dovuto essere concordato in sede protetta; ciò a maggior ragione del fatto che neppure vi era stata una modifica delle mansioni.

A norma del vigente art. 2103 c.c., comma 6 (modificato dall'art. 3 D.lgs. n. 81/2015): “Nelle sedi di cui all'articolo 2113, quarto comma, o avanti alle commissioni di certificazione, possono essere stipulati accordi individuali di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell'interesse del lavoratore alla conservazione dell'occupazione, all'acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita. Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. (…) ogni patto contrario è nullo”.

Dunque, in forza di tale modifica normativa, modifiche peggiorative della retribuzione sono possibili in caso di modifica di mansioni, qualora concordate, con determinati presupposti, e formalizzate esclusivamente in sede protetta, a pena di nullità.

Nella fattispecie concreta, secondo la Corte, non risultava né la modifica di mansioni, né la formalizzazione in sede protetta la quale “è una garanzia a presidio del ricordato principio di irriducibilità della retribuzione, che quindi opera secondo lo schema, letterale e logico, dell’eccezione rispetto alla regola, e infatti è sanzionata, in caso di violazione, da nullità”.

La Cassazione ha così condiviso l’interpretazione sistematica seguita dalla Corte territoriale, che, rovesciando l’ottica del primo grado (che aveva ritenuto il principio di irriducibilità operante solo in caso di mutamento di mansioni) aveva correttamente inquadrato la fattispecie nell’ambito dei principi generali, specificando che, se la retribuzione è irriducibile, salvo accordo in sede protetta e a determinate condizioni in caso di mutamento di mansioni, a maggior ragione lo è se neppure ricorre un mutamento di mansioni e se l’accordo è stato formalizzato al di fuori della sede protetta.

In sostanza – ha ricordato la Suprema Corte - l’accordo di riduzione della retribuzione alla base della vicenda di specie è nullo per mancato rispetto delle formalità, poste dalla legge a tutela dei diritti sostanziali del lavoratore dall’art. 2103 c.c.

In tema di accordi sottoscritti in sede protetta si veda, su questo sito, anche Si può impugnare la conciliazione sottoscritta in una sede sindacale “protetta”?

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Maria Santina Panarella
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