Il licenziamento intimato dopo la cessione d’azienda è giuridicamente inesistente

Maria Santina Panarella
18 Dicembre 2024

Il licenziamento intimato dalla Società cedente dopo la cessione di azienda non può essere definito illegittimo per ingiustificatezza (mancanza di giustificato motivo illegittimo), bensì deve ritenersi giuridicamente inesistente. Inoltre, la cedente non può essere condannata a pagare alcunché alla lavoratrice licenziata (neppure in via solidale), essendo il rapporto continuato ex lege col cessionario, unico soggetto obbligato a risarcire il danno.

La Cassazione (ordinanza 9 dicembre 2024, n. 31551) ha fatto il punto in tema di licenziamento a non domino nel solco di un orientamento dalla medesima espressamente definito ‘assestato’.

Difatti - ha ricordato la Corte - già Cass. ord. n. 3235/2024, ha precisato che “il licenziamento intervenuto dopo il passaggio ex lege del rapporto di lavoro, garantito dall'effetto legale ex art. 2112 c.c. in caso di cessione di azienda (o retrocessione), è tamquam non esset e non deve essere impugnato in alcun termine di decadenza, perché non si discute nemmeno di licenziamenti e della relativa disciplina. La domanda svolta dal lavoratore in tali casi è intesa soltanto a far valere l'effettività del passaggio; ad avvalersi cioè degli effetti ex lege della cessione e non ad impugnare un licenziamento che per essere intervenuto dopo il passaggio è inidoneo ad inficiare gli effetti legali del passaggio ed a determinare alcuna estinzione del rapporto; anche per difetto di legittimazione sostanziale e di titolarità del rapporto in capo al cedente. Il rispetto della normativa sui licenziamenti individuali, ivi compreso l'onere del rispetto della impugnazione, deve ritenersi richiamato dall'art. 2112,4 comma c.c. solo per i casi di possibile recesso da parte del cedente prima che l'effetto di continuità garantito dal 1comma dell'articolo 2112 c.c. possa esprimere i suoi effetti".

Negli stessi termini si era già pronunciata anche la sentenza n. 27322 del 26 settembre 2023 laddove la Corte aveva evidenziato che, in caso di trasferimento di azienda, la cessione dei contratti di lavoro avviene ope legis ex art. 2112 c.c., sicché il licenziamento intimato dal cedente successivamente alla cessione è totalmente privo di effetti.

Tale conclusione – secondo la Cassazione - è oggi avvalorata dall'art. 80-bis del D.L. 34/2020. Quest’ultima norma esclude che, tra gli atti di costituzione e di gestione del rapporto di lavoro, menzionati dall'art. 38, comma 3, del D.lgs. n. 81 del 2015, rientri il licenziamento intimato dal datore di lavoro apparente in quanto interposto. La norma è di interpretazione autentica ed è quindi applicabile retroattivamente anche a controversie sorte precedentemente alla sua entrata in vigore ed era già stata estesa dalla Corte, per identità di ratio, anche al cd. appalto non genuino di servizi (Cass. n. 32412 del 22 novembre 2023) e richiamata anche a proposito del licenziamento intimato dal cedente dopo la cessione di azienda (da Cass. n. 3235/2024).

Pertanto – ha concluso la Corte - il licenziamento intimato a non domino, da un soggetto effettivamente estraneo al rapporto (datore di lavoro formale, apparente o comunque soggetto non legittimato), è inidoneo, in ogni caso, ad esplicare effetti sul rapporto di lavoro instaurato con il datore di lavoro sostanziale.

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