Tribunale di Napoli Nord, sent. n. 600/2025 del 10 febbraio 2025
Un lavoratore licenziato ha instaurato un giudizio contro il suo (ex) datore di lavoro per vedere dichiarata l’illegittimità del licenziamento.
Si è costituito in giudizio il datore di lavoro eccependo l’intervenuta decadenza dall’impugnativa del recesso, avendo egli ricevuto unicamente un messaggio di posta elettronica certificata, inviatogli da un procuratore diverso da quello poi costituitosi in giudizio, con allegata una copia scansionata in formato pdf della lettera di impugnativa. Tale lettera, peraltro, non era firmata digitalmente né dal lavoratore né dal procuratore che aveva inviato il messaggio pec. Al messaggio di posta elettronica certificata, infine, non era stata allegata né l’attestazione di conformità dell’atto allegato al relativo originale cartaceo, né la procura alle liti.
Il Tribunale ha ritenuto che l’impugnativa di licenziamento non fosse stata validamente proposta, così dichiarando decaduto il lavoratore dal relativo diritto.
Ha affermato il Tribunale che l’art. 6 della L. n. 604 del 1966 non impone l’adozione di formule sacramentali per esprimere la volontà del lavoratore di contestare la validità o l’efficacia del licenziamento: è utile allo scopo qualsiasi atto scritto idoneo ad esprimere tale volontà: tuttavia, “ad essere libero è esclusivamente il contenuto dell’atto di impugnativa di licenziamento ma non il mezzo della rappresentazione documentale”. Ciò che è necessario, secondo il Tribunale campano, è che un documento scritto contenente la volontà di contestare la legittimità del licenziamento possa ricondursi con certezza al suo autore. E, in caso di documenti informatici (quale è appunto una scansione in pdf di un documento cartaceo, che tecnicamente è definita dalla Legge in termini di “copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico”) le regole per risalire all’identità di colui a cui attribuire la paternità del documento sono stabilite dal D. Lgs. n. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale o c.a.d.).
Richiamato e trascritto l’art. 22 dell’anzidetto Decreto Legislativo, il Tribunale ha affermato che la scansione dell’impugnativa cartacea dell’impugnativa può avere la stessa efficacia probatoria dell’originale solo in questi casi:
Ove non ricorra una di queste ipotesi, afferma il Tribunale, non sarebbe possibile risalire all’autore dell’impugnativa, con l’inevitabile prodursi della decadenza. Si aggiunga che, nel caso di specie, alla pec contenente l’impugnativa di licenziamento non era stata nemmeno allegata la procura alle liti che abilitava il procuratore ad impugnare per conto del lavoratore il licenziamento, “circostanza ancora più rilevante se si considera che la pec di impugnativa stragiudiziale proviene da un procuratore diverso da quello costituito in giudizio”.
Sia consentito rilevare, in conclusione, che la rigorosa applicazione delle norme del c.a.d. potrebbe tradursi in un inutile formalismo idoneo a realizzare una grave menomazione del diritto alla tutela giurisdizionale del lavoratore licenziato. Ed infatti la pronuncia appena commentata si pone in aperto contrasto con quanto stabilito da una recentissima ordinanza con cui la Cassazione (cfr. ordinanza n. 18529 dell’8 luglio 2024 su cui si rinvia L’impugnazione del licenziamento può essere contenuta in un file word? - Studio Claudio Scognamiglio Avvocati) ha ritenuto che potesse validamente impedire la decadenza anche una lettera di impugnativa spedita tramite pec ma contenuta in un mero file word (in quanto tale, privo di sottoscrizione del lavoratore e modificabile da chiunque). E ciò sulla base del rilievo per cui, con riferimento all’art. 6 della L. n. 604/1966, la costante applicazione della norma da parte della Corte è stata sempre intesa in senso sostanziale, ritenendosi sufficiente un qualsiasi atto che sia tale da esprimere la volontà del lavoratore di impugnare il licenziamento.
La tematica è invero molto complessa, posto che, come accennato, incide fortemente sulla tutela giurisdizionale di un diritto fondamentale del lavoratore qual è appunto quello relativo all’impugnativa del licenziamento; a questo proposito, preme sottolineare incidentalmente come un’applicazione rigorosa delle norme sulla formazione dei documenti informatici, per altro verso, parrebbe porsi in diretta antitesi con l’orientamento assunto dalla Cassazione in merito alla validità delle notificazioni via pec di atti aventi formato PDF e privi di sottoscrizione digitale (e dunque di una “copia per immagine di un documento analogico”; in questi termini Cass. civ. Sez. III, n. 532/2020; Cass n. 13857/2014; Cass. n. 3805/2018; Cass. n. 18324/2018). In questi casi, infatti, la Suprema Corte ha affermato che “scopo della notificazione, in qualsiasi forma essa avvenga, è portare l’atto da notificare a conoscenza del destinatario, non certo consentire a quest’ultimo il “copia e incolla”, sicché la conoscibilità dell’atto notificato costituisce il solo parametro in base al quale valutare il raggiungimento dello scopo” e soprattutto che “il processo telematico deve essere svincolato da quei formalismi fini a se stessi che, in quanto tali, impediscono a detto processo di realizzare la funzione di mezzo per la tutela dei diritti (in ossequio al disposto dell'art. 111 Cost.)”.
Sulla stessa tematica, per un breve approfondimento, sia consentito rinviare a L’impugnativa del licenziamento ai tempi del c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale: opportuno garantismo o inutile formalismo? - Studio Claudio Scognamiglio Avvocati