Il Tar Lazio, con due decreti n. 4531 e 4532 del 2 settembre 2021 (che si allegano in calce), ha dichiarato la legittimità dei provvedimenti ministeriali che prevedono la sospensione del docente senza green pass, atteso che il diritto a non vaccinarsi non è assoluto e intangibile in presenza di diritti fondamentali di rango superiore come quello alla salute pubblica.
La vicenda processuale origina da due ricorsi proposti da alcuni docenti e da una sigla sindacale (Anief) nei confronti del Ministero dell’Istruzione per l’annullamento:
I provvedimenti impugnati dai docenti ricorrenti costituiscono la mera applicazione delle previsioni di cui all’art. 9 ter D.L. 52/2021, il quale – “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione” – pone in capo a “tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari” l’obblogo di possedere ed esibire “la certificazione verde COVID-19”. Il comma 2 della medesima norma individua, nel mancato rispetto delle disposizioni cui sopra, una “assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro” con sospensione dal lavoro e dalla retribuzione.
Già sotto tale profilo, dunque, le previsioni ministeriali non possono riteneresi illegittime.
A quanto è dato desumere dalla parte motivata, i ricorrenti individuano nelle previsioni dei provvedimenti impugnati una violazione (o, almeno, limitazione) del diritto alla salute, che troverebbe concretizzazione nel diritto a non vaccinarsi.
Il Tar rileva che tale diritto “non ha valenza assoluta né può essere inteso come intangibile, avuto presente che deve essere razionalmente correlato econtemperato con gli altri fondamentali, essenziali e poziori interessi pubblici quali quello attinente alla salute pubblica a circoscrivere l’estendersi della pandemia e a quello di assicurare il regolare svolgimento dell’essenziale servizio pubblico della scuola in presenza”.
Il Tribunale, dunque, non si ferma al piano formalistico, ma opera un bilanciamento dei diversi interessi involti, concludendo nel senso della prevalenza degli interessi di natura pubblicistica (quali quello alla salute pubblica o all’esercizio del servizio pubblico scolastico) rispetto a quello individuale a non vaccinarsi.
Le argomentazioni proposte dal Tar si inseriscono nel solco tracciato dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo (Decisione dell’8 aprile 2021, Caso di Vavřička and Others v. the Czech Republic, commentata sul nostro sito da Maria Santina Panarella, "Corte Europea dei diritti dell’Uomo: i vaccini obbligatori possono essere considerati necessari in una società democratica"), che ha defiito come “Necessary in a democratic society” le misure nazionali, adottate dalla Repubblica Ceca, prevedenti l’obbligatorietà di vaccini.
Peraltro, e come pure rileva il Tar, il diritto a non sottoporsi a vaccino è garantito dalla legge attraverso la possibilità di ottenere il green pass tramite la presentazione di un tampone, molecolare o antigenico, che attesti la negatività al Sars-Cov 2.
Dal momento in cui l’ottenimento del green pass tramite l’esecuzione del tampone, in alternativa al vaccino, è previsto, nell’impianto delineato dal legislatore, ad esclusiva tutela della scelta del docente a non vaccinarsi, il Tribunale ritiene ragionevole che “il costo del tampone venga a gravare sul docente che voglia beneficiare di tale alternativa”.
Calando tali principi sul piano del rapporto di lavoro del personale scolastico, alla violazione dell’obbligo di presentare il green pass per l’esercizio di attività in ambito scolastico, previsto dal art. 9 ter, co. 1, D.L. 52/2021, consegue automaticamente la sospensione del docente senza green pass, dal lavoro e dalla retribuzione, sancita dall’art. 9 ter, co. 2, sopra trascritto.
Tale conclusione, anche a prescindere da una espressa previsione normativa in tal senso, è condivisa da un orientamento giurisprudenziale che si sta anadando consolidando, e che ritiene legittima la sospensione del lavoratore non vaccinato anche ove non sia previsto l’obbligo di vaccinarsi ovvero di presentare il green pass, in caso di attività lavorative a contatto col pubblico.
Così, di recente, Il Tribunale di Roma, con ordinanza del 28 luglio 2021 (per un commento del provvedimento si richiama il nostro articolo “Legittima la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del lavoratore che non si è sottoposto a vaccino anti Covid 19”) ha dichiarato la legittimità sospensione dal lavoro e dalla retribuzione del dipendente di un villaggio, che non si era sttoposto al vaccino anti Covid 19, e pertanto ritenuto, dal medico comptetente, inidoneo alle mansioni espletate, a tutela della salute del lavoratore e del pubblico potenzialmente a contatto con il medesimo.
Nello stesso senso, si erano espressi il Tribunale di Verona, ord. 24 maggio 2021 e il Tribunale di Modena, ord. 19 maggio 2021, che hanno rigettato le domande, proposte in via d'urgenza, da operatri sociosanitari operanti presso RSA, collocati in aspettativa non retribuita in ragione del rifiuto di sottoporsi al vaccino anti Covid 19. Ed ancora il Tribunale di Belluno, ord. del 19 marzo 2021, commentata sul nostro sito da Santina Panarella nel contributo “Se l’operatore socio-sanitario si rifiuta di vaccinarsi contro il Covid – 19, la sua collocazione in ferie forzate è legittima”. In quel caso, era stata reputata legittima la decisione di una struttura sanitaria che aveva posto in ferie forzate alcuni operatori “no vax”.
In conclusione, la previsione dell’obbligo di presentare il green pass in capo al personale scolastico risponde perfettamente alla ratio di tutela della salute pubblica, prevalente sul diritto a non vaccinarsi. La sospensione del docente senza green pass costituisce una conseguenza ineludibile, sia a tutela della salute pubblica, sia in ragione del venire meno della sinallagmaticità del rapporto.
Allo stato, la disciplina legislativa (art. 9 ter D.L. 52/2021) individua nei “dirigenti scolastici e i responsabili dei servizi educativi dell'infanzia nonché delle scuole paritarie e delle università” i soggetti tenuti a verificare il possesso della certificazione verde.
Quanto alle modalità di trattamento dei dati emergenti dalla certificazione, in attesa dell’emanazione del DPCM, da adottare ai sensi dell’art. 9, co. 10, del citato decreto legge n. 52/2021, non potrà che aversi riguardo alla normativa, europea e nazionale, in materia di trattamento dei dati personali.
I due decreti in commento escludono possa individuarsi nelle disposizioni che prevedono l’obbligo di esibizione del certificato verde la violazione della normativa in materia trattamento dei dati personali, nella misura in cui il personale deputato al cotrollo “abbia riportato fedelmente l’esito degli stessi al Dirigente scolastico”.
Nello stesso senso è legittima, secondo il Tar, la previsione dell’obbligo in capo al lavoratore di informare il datore di lavoro circa contatti stretti con persone positive o presenza di sintomatologia da Covid-19, trattandosi di obblogo “essenziale per individuare e circoscrivere tempestivamente situazioni di potenziale contagio al fine di assicurare il regolare svolgimento della didattica in presenza”.