Al ciclista che avrebbe dovuto osservare un grado maggiore di diligenza non spetta alcun risarcimento del danno patito a seguito della caduta determinata da alcuni avvallamenti sul manto stradale.
Questa è la decisione confermata dalla Corte di Cassazione in una recente pronuncia (Cass. 17 novembre 2021, n. 34883).
Il ricorrente aveva convenuto in giudizio l’ANAS al fine di chiedere la condanna dell’ente al risarcimento dei danni patiti a seguito di una caduta dalla bicicletta verificatasi a causa della presenza, appunto, di alcuni avvallamenti sulla strada.
Espletata prova per testi, e svolta c.t.u. medico legale, il Tribunale aveva rigettato la domanda, con pronuncia confermata in appello.
Il ciclista ha allora adito la Corte di Cassazione la quale, però, ha rigettato il ricorso.
Nel motivare la propria decisione, la Suprema Corte ha dapprima richiamato le proprie ordinanze del 1° febbraio 2018, nn. 2480, 2481, 2482 e 2483, le quali, in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, hanno stabilito che la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.
Ne consegue che, “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.
Applicando tali principi alla fattispecie oggetto della pronuncia, la Suprema Corte ha ritenuto che la Corte d’Appello, con un accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, era pervenuta alla conclusione per la quale il danneggiato conosceva a sufficienza lo stato dei luoghi e che, in considerazione delle aggravate condizioni di traffico esistenti - conseguenti alla temporanea chiusura di un tratto autostradale, con riversamento dei mezzi sulla strada percorsa dal medesimo ciclista – questi avrebbe dovuto osservare un grado maggiore di diligenza. E questo, secondo la Corte, era da ritenere “non impossibile”, sia perché il ciclista già stava tenendo una velocità moderata sia perché l’avvallamento stradale era ben illuminato in quel giorno e a quell’ora. Pertanto, il sinistro “era da ricondurre all’esclusiva responsabilità del danneggiato, idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno”.
Allora, cari ciclisti, fate attenzione; più che al meteo, preoccupatevi di (non) conoscere lo stato della strada, così, oltre al danno, potrete provare ad ottenere un risarcimento.