Negli appalti che richiedono l’impiego di importanti mezzi o materiali, cd. "pesanti", il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere calibrato, se non sulla titolarità, quanto meno sull’organizzazione di questi mezzi; negli appalti cd. "leggeri", nei quali l’attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nel lavoro, è invece sufficiente che sussista, in capo all'appaltatore, una effettiva gestione dei propri dipendenti.
Questo è il principio che ha ribadito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 23615 del 27 ottobre 2020.
In un’epoca ormai pervasa dalla automazione della produzione e dalle tecnologie informatiche, ai fini della genuinità dell’appalto, non è più richiesto che l’appaltatore sia titolare di mezzi di produzione. E, allora, anche se l’appaltatore impiega macchine ed attrezzature dell’appaltante, è possibile provare altrimenti la genuinità dell’appalto, purché vi siano apprezzabili indici di autonomia organizzativa.
Nella pronuncia citata, la Corte ha avuto modo di precisare che, in presenza dell’utilizzazione, da parte dell’appaltatore, di capitali, macchine, ed attrezzature, fornite dall’appaltante, si avrà il c.d. pseudoappalto solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l’apporto dell'appaltatore. Spetterà allora al Giudice accertare in concreto la sussistenza, o meno, della modestia di tale apporto.
Ne consegue, in via generale, che, nonostante la fornitura di macchine ed attrezzature da parte dell’appaltante, l’appalto sarà comunque legittimo laddove emerga un rilevante apporto dell’appaltatore, mediante il conferimento di capitale, know how, software e, in genere, beni immateriali, aventi rilievo preminente nell’economia dell’appalto (si veda, tra le molte altre, Cass. n. 21413 del 2019).