Il Tribunale di Parma con ordinanza ex art. 363-bis c.p.c. ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione per la risoluzione della questione di diritto riguardante l’applicazione della disciplina prevista dall’art. 1284, co. 4, c.c. ai ‘crediti di lavoro’.

In forza di una sentenza C… era stato condannato a pagare € 4.740,04 oltre interessi e rivalutazione a titolo di indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo, € 8.570 oltre interessi e rivalutazione a titolo di differenze retributive ed € 205,17 a titolo di indennità sostitutiva del preavviso.

Su tutti questi importi, derivanti sia da titoli contrattuali (differenze retributive) che extracontrattuali (indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo), il creditore L..., al momento della notifica dell’atto di precetto, applicava gli elevati interessi moratori previsti dalla legislazione sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali in forza dell’art. 1284, co. 4, c.c.

Avverso l’atto di precetto, C… proponeva opposizione ai sensi degliartt. 615, co. 1, e 618-bis c.p.c., sostenendo che la disciplina prevista all’art. 1284, co. 4, c.c. non trova applicazione in tema di ‘crediti di lavoro’.

Nella pronuncia in commento, il Tribunale di Parma, dopo aver rilevato l’esistenza di un contrasto interpretativo in seno alla giurisprudenza di merito sulla questione oggetto dell’opposizione a precetto, ha disposto il rinvio pregiudiziale degli atti alla Corte di Cassazione, ritenendo sussistenti tutti i presupposti richiesti dal nuovo articolo 363-bis c.p.c. recentemente introdotto dalla Riforma Cartabia.

Secondo un primo orientamento, afferma il Tribunale del rinvio, l’art. 1284, co. 4, c.c. risulterebbe inapplicabile in ambito lavoristico, venendo derogato dalla disciplina speciale prevista dall’art. 429, co. 3, c.p.c. che detta un regime di favore per i crediti del lavoratore.

In base ai principi generali, le comuni obbligazioni pecuniarie, dette di ‘valuta’[1], sono assoggettate al principio nominalistico in forza del quale i debiti pecuniari si estinguono con moneta avente corso legale nello Stato al tempo del pagamento e per il suo valore nominale.

La disciplina speciale dettata dall’art. 429, co. 3, c.p.c. sottrae i crediti di lavoro dall’applicazione del principio nominalistico in modo da proteggere il patrimonio del prestatore di lavoro dagli effetti pregiudizievoli del deprezzamento monetario.

Alla luce di ciò, in forza dell’indirizzo giurisprudenziale richiamato, “sarebbe preclusa l’applicazione dell’art. 1284 co. 4 c.c., norma di generale applicazione, avendo il legislatore inteso riservare una regolamentazione settoriale a questa particolare materia in ragione del preminente valore costituzionale degli interessi coinvolti (in tal senso, a es. Trib. Roma 22 giugno 2020, n. 3577; Trib. Lucca, 2 marzo 2023, n. 75)”.

Secondo un altro orientamento, non vi sarebbero ostacoli all’applicazione della disciplina prevista dal co. 4° dell’art. 1284 c.c. ai crediti di lavoro in quanto l’art. 429, co. 3, c.p.c. nella parte in cui prevede che sui crediti di lavoro debbano essere applicati gli interessi nella misura legale, “opererebbe un rinvio all’art. 1284 c.c. nella sua interezza: sia al co. 1, in cui viene stabilito – mediante rinvio alla determinazione annuale effettuata con decreto ministeriale – il saggio generale degli interessi legali, sia al co. 4, che prevede che dalla domanda giudiziale – in caso di mancata determinazione convenzionale del tasso di interesse – «il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto nella legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali».

Nell’ordinanza in commento, il Tribunale di Parma, al di là del contrasto giurisprudenziale rilevato, ha osservato, a sostegno di tale ultimo indirizzo, che se la ratio della disciplina prevista dall’art. 1284, co. 4, c.c. è quella “di scoraggiare la resistenza dilatoria a iniziative giudiziali infondate”, la stessa esigenza sussiste anche in ambito lavoristico.

Inoltre, sempre secondo il giudice del rinvio, l’orientamento giurisprudenziale che afferma l’inapplicabilità della norma in esame ai crediti di lavoro “finirebbe per fornire una tutela minore (considerata la sensibile differenza tra il saggio di interessi legale ‘generale’ e quello previsto dalla legislazione sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali) ai soggetti che il legislatore aveva inteso garantire maggiormente con la disciplina di favore di cui all’art. 429 co. 3 c.p.c. (v. in tal senso, a es., Trib. Perugia, 15 marzo 2022, n. 53; Trib. Venezia, 19 gennaio 2023, n. 29; Trib. Venezia, 16 marzo 2023, n. 176)”.

Infine, il Tribunale di Parma, ritenuto necessario l’intervento in senso nomofilattico della Cassazione, nel disporre il rinvio pregiudiziale, ha altresì rilevato come la decisione possa costituire l’occasione per risolvere un ulteriore contrasto giurisprudenziale “la cui rilevanza esorbita dall’ambito lavoristico” ossia l’estensione dell’ambito applicativo degli interessi maggiorati di cui all’art. 1284, co. 4, c.c. non solo alle obbligazioni pecuniarie aventi natura contrattuale (come affermato da Cass., 7 novembre 2018, n. 28409), ma anche a tutte le altre ed, in particolare, a quelle di origine extracontrattuale (v. recentemente Cass., 3 gennaio 2023, n. 61).

Per leggere il testo integrale dell’ordinanza ex art. 363-bis c.p.c. clicca qui:  https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Ordinanza_Tribunale_Parma_RG_363_2023_oscuramento_no-index.pdf

Sullo stesso tema v. anche https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/Ordinanza_Tribunale_Milano_RG_30215_2022_NS_RG_16260_2023_oscuramento_no-index.pdf


[1] Obbligazioni il cui oggetto originario della prestazione è costituito, sin dal momento della costituzione del vincolo obbligatorio, da una somma di denaro.

Con l’ordinanza n. 18293/2023, pubbl. in data 27 giugno 2023, la Corte di Cassazione ha affermato importanti principi di diritto in materia di responsabilità risarcitoria dell'intermediario per la violazione degli obblighi informativi su di esso gravanti a danno dell’investitore.

La Cassazione, nella pronuncia in commento, dopo aver ricordato che, nell’ambito dei contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, l’intermediario ha l’obbligo di fornire all’investitore informazioni adeguate e complete, ha osservato, recependo un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. Cass. nn. 7905/2020, 16126/2020 e 33596/2021), che “al riscontro dell'inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l'accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall'investitore”.

La presunzione è suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario, il quale, però, per andare esente da responsabilità, è tenuto a dimostrare che “il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand'anche l'investitore avesse ricevuto le informazioni omesse”.

Nell’ordinanza la Suprema Corte ha affermato che la predetta presunzione del nesso di causalità “scaturisce dalla funzione assegnata dal sistema normativo all'obbligo informativo gravante sull'intermediario, che è preordinato al riequilibrio dell'asimmetria strutturale del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta di investimento realmente consapevole. Si tratta di una conclusione basata sul rilievo per cui la previsione di una presunzione legale può derivare, in modo implicito ma inequivocabile, da una disposizione normativa, ma anche da un complesso sistematico di disposizioni di legge, che la implichino in modo logicamente e giuridicamente necessario”.

L’assunzione di questa presunzione si pone in linea di continuità con altro principio evidenziato da tempo dalla giurisprudenza (v. sul punto Cass. nn. 29864/2011, 10286/2018 e 29353/2018), in forza del quale “nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, qualora l'intermediario abbia dato corso all'acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, il danno risarcibile consiste "nell'essere stato posto a carico di detto cliente un rischio, che presumibilmente egli non si sarebbe accollato": danno che può essere poi liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell'acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria”.

In merito alla prova contraria gravante sull’intermediario, la Corte ha precisato che  la stessa “non possa consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell'investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l'investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell'ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati” (Cass. nn. 16126/2020 7905/2020, 3356/2021).

Il fatto che l'investitore propenda per investimenti rischiosi, secondo la pronuncia in commento, non esclude “che egli selezioni tra gli investimenti rischiosi quelli a suo giudizio aventi maggiori probabilità di successo, grazie appunto alle informazioni che l'intermediario è tenuto a fornirgli, o altrimenti reperite” (v. Cass. n. 8333/2018).

Per leggere il testo della sentenza integrale clicca qui:

https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20230627/snciv@s10@a2023@n18293@tO.clean.pdf

Sullo stesso tema leggi anche: Quando la condotta dell’investitore può far venire meno la responsabilità dell’intermediario?

L’ordinanza in commento, pubblicata in data 10 maggio 2023, costituisce uno dei primi provvedimenti resi dalla Suprema Corte (in particolare, secondo quanto previsto dalla disciplina normativa della quale subito si dirà, dalla Prima Presidente della medesima) in materia di rinvio pregiudiziale (art. 363-bis c.p.c.), istituto recentemente introdotto dalla Riforma Cartabia.

La questione interpretativa è stata rimessa allo scrutinio della Cassazione con ordinanza del 30 marzo 2023 dal Tribunale di Taranto, che, nel corso di un giudizio pensionistico, aveva ritenuto opportuno procedere al rinvio pregiudiziale degli atti per la risoluzione della seguente questione di diritto: “se, ai fini della misura del trattamento pensionistico avente decorrenza dal 1° maggio 2020, la quota di pensione calcolata con il sistema “contributivo”, per il periodo dal 1° gennaio 1996 in poi, possa essere riliquidata in base alla maggiorazione prevista dall’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (come modificato dalla legge 4 agosto 1993, n. 271) per i lavoratori esposti all’amianto”.

Secondo il giudice a quo, dovevano ritenersi sussistenti tutte le condizioni previste dal nuovo art. 363-bis c.p.c. (v. ord. Trib. Taranto, sez. lav., dott. Cosimo Magazzino, 30 marzo 2023):

  1. la definizione della controversia presuppone la necessaria risoluzione di una questione dirimente, esclusivamente in punto di diritto, che non risulta essere già stata risolta dalla Corte di Cassazione”;
  2. la questione presenta gravi difficoltà interpretative, essendosi già manifestati contrastanti orientamenti anche presso questo medesimo Ufficio”;
  3. trattasi di questione suscettibile di porsi in numerosi giudizi, poiché concerne la vasta platea dei pensionati”.

Al contrario, il giudice ad quem ha ritenuto che il quesito sollevato nell’ordinanza di rinvio non fosse dotato del requisito della “novità della questione”, essendo rinvenibili all’interno della giurisprudenza della stessa Cassazione “principi idonei ad orientare ai fini della risoluzione interpretativa posta”.

La Corte di Cassazione, dopo aver ricordato che la Sezione Lavoro si è espressa “non soltanto sulla ratio della disciplina rilevante ai fini della decisione della controversia oggetto del giudizio a quo (sul punto anche Cass., Sez. IV, 13 luglio 2017, n. 17433), ma pure sul rilievo che il beneficio in esame assume in relazione alle concrete modalità di calcolo delle pensioni (Cass., Sez. VI-L, 23 dicembre 2016, n. 26923; Cass., Sez. IV, 14 ottobre 2022, n. 30264), nonché sulla portata del giudicato formatosi sul diritto alla rivalutazione dei contributi da esposizione all'amianto ed ai suoi riflessi sulla posizione contributiva del titolare (Cass., Sez. IV, 18 ottobre 2022, n. 30639; Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2023, n. 528)”, ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Taranto appunto per difetto del requisito della novità della questione, richiesto dall’art. 363-bis c.p.c.

Per leggere l’ordinanza di inammissibilità in commento clicca qui: https://www.cortedicassazione.it/cassazione-esources/resources/cms/documents/Rg_6965_23_Decreto_Prima_Presidente_inammissibilita_quest_preg_no-index.pdf

Per leggere l’ordinanza di di rinvio del Tribunale di Taranto clicca qui:

https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/ordinanza_r.g_8225-2022_oscuramento_no-index.pdf

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