Con l’ordinanza n. 18293/2023, pubbl. in data 27 giugno 2023, la Corte di Cassazione ha affermato importanti principi di diritto in materia di responsabilità risarcitoria dell'intermediario per la violazione degli obblighi informativi su di esso gravanti a danno dell’investitore.

La Cassazione, nella pronuncia in commento, dopo aver ricordato che, nell’ambito dei contratti relativi alla prestazione di servizi di investimento, l’intermediario ha l’obbligo di fornire all’investitore informazioni adeguate e complete, ha osservato, recependo un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. Cass. nn. 7905/2020, 16126/2020 e 33596/2021), che “al riscontro dell'inadempimento degli obblighi di corretta informazione consegue l'accertamento in via presuntiva del nesso di causalità tra il detto inadempimento e il danno patito dall'investitore”.

La presunzione è suscettibile di prova contraria da parte dell’intermediario, il quale, però, per andare esente da responsabilità, è tenuto a dimostrare che “il pregiudizio si sarebbe comunque concretizzato quand'anche l'investitore avesse ricevuto le informazioni omesse”.

Nell’ordinanza la Suprema Corte ha affermato che la predetta presunzione del nesso di causalità “scaturisce dalla funzione assegnata dal sistema normativo all'obbligo informativo gravante sull'intermediario, che è preordinato al riequilibrio dell'asimmetria strutturale del patrimonio conoscitivo-informativo delle parti in favore dell'investitore, al fine di consentirgli una scelta di investimento realmente consapevole. Si tratta di una conclusione basata sul rilievo per cui la previsione di una presunzione legale può derivare, in modo implicito ma inequivocabile, da una disposizione normativa, ma anche da un complesso sistematico di disposizioni di legge, che la implichino in modo logicamente e giuridicamente necessario”.

L’assunzione di questa presunzione si pone in linea di continuità con altro principio evidenziato da tempo dalla giurisprudenza (v. sul punto Cass. nn. 29864/2011, 10286/2018 e 29353/2018), in forza del quale “nella prestazione del servizio di negoziazione di titoli, qualora l'intermediario abbia dato corso all'acquisto di titoli ad alto rischio senza adempiere ai propri obblighi informativi nei confronti del cliente, il danno risarcibile consiste "nell'essere stato posto a carico di detto cliente un rischio, che presumibilmente egli non si sarebbe accollato": danno che può essere poi liquidato in misura pari alla differenza tra il valore dei titoli al momento dell'acquisto e quello degli stessi al momento della domanda risarcitoria”.

In merito alla prova contraria gravante sull’intermediario, la Corte ha precisato che  la stessa “non possa consistere nella dimostrazione di una generica propensione al rischio dell'investitore, desunta anche da scelte intrinsecamente rischiose pregresse, perché anche l'investitore speculativamente orientato e disponibile ad assumersi rischi deve poter valutare la sua scelta speculativa e rischiosa nell'ambito di tutte le opzioni dello stesso genere offerte dal mercato, alla luce dei fattori di rischio che gli sono stati segnalati” (Cass. nn. 16126/2020 7905/2020, 3356/2021).

Il fatto che l'investitore propenda per investimenti rischiosi, secondo la pronuncia in commento, non esclude “che egli selezioni tra gli investimenti rischiosi quelli a suo giudizio aventi maggiori probabilità di successo, grazie appunto alle informazioni che l'intermediario è tenuto a fornirgli, o altrimenti reperite” (v. Cass. n. 8333/2018).

Per leggere il testo della sentenza integrale clicca qui:

https://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20230627/snciv@s10@a2023@n18293@tO.clean.pdf

Sullo stesso tema leggi anche: Quando la condotta dell’investitore può far venire meno la responsabilità dell’intermediario?

L’ordinanza in commento, pubblicata in data 10 maggio 2023, costituisce uno dei primi provvedimenti resi dalla Suprema Corte (in particolare, secondo quanto previsto dalla disciplina normativa della quale subito si dirà, dalla Prima Presidente della medesima) in materia di rinvio pregiudiziale (art. 363-bis c.p.c.), istituto recentemente introdotto dalla Riforma Cartabia.

La questione interpretativa è stata rimessa allo scrutinio della Cassazione con ordinanza del 30 marzo 2023 dal Tribunale di Taranto, che, nel corso di un giudizio pensionistico, aveva ritenuto opportuno procedere al rinvio pregiudiziale degli atti per la risoluzione della seguente questione di diritto: “se, ai fini della misura del trattamento pensionistico avente decorrenza dal 1° maggio 2020, la quota di pensione calcolata con il sistema “contributivo”, per il periodo dal 1° gennaio 1996 in poi, possa essere riliquidata in base alla maggiorazione prevista dall’art. 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257 (come modificato dalla legge 4 agosto 1993, n. 271) per i lavoratori esposti all’amianto”.

Secondo il giudice a quo, dovevano ritenersi sussistenti tutte le condizioni previste dal nuovo art. 363-bis c.p.c. (v. ord. Trib. Taranto, sez. lav., dott. Cosimo Magazzino, 30 marzo 2023):

  1. la definizione della controversia presuppone la necessaria risoluzione di una questione dirimente, esclusivamente in punto di diritto, che non risulta essere già stata risolta dalla Corte di Cassazione”;
  2. la questione presenta gravi difficoltà interpretative, essendosi già manifestati contrastanti orientamenti anche presso questo medesimo Ufficio”;
  3. trattasi di questione suscettibile di porsi in numerosi giudizi, poiché concerne la vasta platea dei pensionati”.

Al contrario, il giudice ad quem ha ritenuto che il quesito sollevato nell’ordinanza di rinvio non fosse dotato del requisito della “novità della questione”, essendo rinvenibili all’interno della giurisprudenza della stessa Cassazione “principi idonei ad orientare ai fini della risoluzione interpretativa posta”.

La Corte di Cassazione, dopo aver ricordato che la Sezione Lavoro si è espressa “non soltanto sulla ratio della disciplina rilevante ai fini della decisione della controversia oggetto del giudizio a quo (sul punto anche Cass., Sez. IV, 13 luglio 2017, n. 17433), ma pure sul rilievo che il beneficio in esame assume in relazione alle concrete modalità di calcolo delle pensioni (Cass., Sez. VI-L, 23 dicembre 2016, n. 26923; Cass., Sez. IV, 14 ottobre 2022, n. 30264), nonché sulla portata del giudicato formatosi sul diritto alla rivalutazione dei contributi da esposizione all'amianto ed ai suoi riflessi sulla posizione contributiva del titolare (Cass., Sez. IV, 18 ottobre 2022, n. 30639; Cass., Sez. IV, 11 gennaio 2023, n. 528)”, ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale sollevato dal Tribunale di Taranto appunto per difetto del requisito della novità della questione, richiesto dall’art. 363-bis c.p.c.

Per leggere l’ordinanza di inammissibilità in commento clicca qui: https://www.cortedicassazione.it/cassazione-esources/resources/cms/documents/Rg_6965_23_Decreto_Prima_Presidente_inammissibilita_quest_preg_no-index.pdf

Per leggere l’ordinanza di di rinvio del Tribunale di Taranto clicca qui:

https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/ordinanza_r.g_8225-2022_oscuramento_no-index.pdf

Alcune organizzazioni sindacali hanno adito il Tribunale di Palermo al fine di accertare la condotta antisindacale tenuta dalla soc. (omissis) s.r.l. nell’ambito del rapporto lavorativo con i rider.

Tra le condotte contestate, le O.O.S.S. hanno lamentato il mancato riconoscimento del rappresentante dei lavoratori sui temi della sicurezza eletto dai rider della comunità di rischio di Palermo, la mancata consegna e/o messa a disposizione per la consultazione del D.V.R. e della documentazione richiesta e il rifiuto di un confronto sui temi della salute e sicurezza dei rider.

Inoltre, sempre in tema di trasparenza, veniva contestato il diniego da parte della società di comunicare alle organizzazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dal d.lgs. 104/2022 (v. sul punto la scheda di approfondimento al seguente link: Condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili: oggetto e modalità di adempimento degli obblighi informativi posti a carico del datore dal decreto trasparenza).

Il Tribunale di Palermo rigettava l’eccezione sollevata dalla società resistente di inammissibilità del procedimento ex art. 28 L. 300/1970, ritenendo comunque inquadrabile la prestazione resa dai riders nell’alveo dell’art. 2, comma 1, d.lgs. 81/2015 (v. sul medesimo tema altri nostri precedenti articoli: “La giurisprudenza torna a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 28, co. 3, L. 300/70 alle collaborazioni eterorganizzate di cui all’art. 2, co. 1, L. 81/15”; “Condotta antisindacale di Deliveroo Italy srl. Il Tribunale di Firenze condanna alla rimozione degli effetti.).

In relazione alla richiesta di informazioni sull’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati ha ritenuto sussistente la legittimazione di Filcams Cgil, quale associazione sindacale comparativamente più rappresentativa.

E ciò in ragione del nuovo art. 1-bis del d.lgs. n. 152/1997, introdotto dall’art. 4 del d.lgs. 104/2022, “Decreto trasparenza”, che prevede quanto segue: “Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonchè indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori”.

Posto che la richiesta di informazioni compete non solo al lavoratore, ma anche alle RSA, RSU o alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il Tribunale di Palermo ha ritenuto che il diniego di informazioni, nella misura in cui limita e compromette l’attività sindacale, integra “una lesione del diritto alla informativa azionabile anche da parte sindacale, quindi in aggiunta e non in alternativa rispetto all’eventuale previo rilascio al lavoratore, ragion per cui nessuna rilevanza assume la difesa della convenuta di aver già fornito le informazioni richieste ai lavoratori”.

A fronte della richiesta di informazioni, negata dalla società resistente, sono rimasti ignoti “il dataset dell’algoritmo” e “i criteri della valutazione media minima su cui parametrare la media di valutazione necessaria per accedere all’APP ossia “una media di valutazione superiore alla valutazione media minina definita da … per il Territorio, che potrà essere aggiornata di volta in volta da… a sua esclusiva discrezione”.

Altresì ignoto è se “l’abbinamento” (da intendersi come conferimento dell’incarico) venga effettuato “in base alla disponibilità, alla posizione o alla prossimità, alle proprie impostazioni o preferenze” e anche in base “ad altri fattori, come la probabilità di accettare una corsa in base ai comportamenti precedenti” e “se quest’ultimo elemento configura una profilazione basata su una analisi statistica comportamentale” e quali sono gli ‘altri fattori’.

Sono rimaste altresì sconosciute, continua il Tribunale di Palermo, “le misure di controllo delle decisioni automatizzate (promozioni o disattivazione dell’account in base al tasso di rifiuti o di cancellazioni di consegne da parte del rider o di feedback negativi) e gli eventuali processi di correzione, nonché il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi automatizzati, le metriche utilizzate per misurare tali parametri e gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse”.

In conclusione, il Tribunale di Palermo ha dichiarato la natura antisindacale del diniego di comunicare a Filcams Cgil Palermo le informazioni sull’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati ordinando alla società resistente di fornire le informazioni richieste, per il resto ha rigettato il ricorso.

Sullo stesso tema leggi i nostri articoli ai seguenti link:

La natura subordinata del rapporto di lavoro del rider con la società di food delivery

La natura subordinata del rapporto di lavoro tra Uber Italy s.r.l. e i rider. Il procedimento per la repressione della condotta antisindacale è applicabile ai soli rapporti di natura subordinata. La decisione del Tribunale di Firenze del 9 febbraio 2021

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