Una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione (l’ordinanza n. 24473 del 4 novembre 2020) consente di affermare che la ‘storia infinita’ del danno non patrimoniale, della sua definizione e del suo risarcimento è ormai giunta, se forse non ancora ad un assetto definitivo, ad un punto di equilibrio sufficientemente affidante.
Infatti, l’ordinanza appena richiamata, collocandosi nel solco della giurisprudenza di legittimità che si era venuta accreditando nel corso del 2018, ribadisce il senso della natura unitaria ed omnicomprensiva della categoria del danno non patrimoniale: unitarietà rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; omnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tenere conto, ai fini risarcitori, di tutte le conseguenze modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato derivanti dall’evento di danno, fermo il limite di evitare duplicazioni risarcitorie attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici ed al tempo stesso procedendo ad un accertamento concreto e non astratto del danno.
La pronuncia in commento afferma che il giudice del merito deve, congiuntamente, ma distintamente, valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale: in altre parole, occorre tenere in considerazione tanto l’aspetto interiore del danno sofferto quanto quello dinamico – relazionale.
La Corte precisa anche che, in presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento, prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dai giudici di merito, può essere aumentata solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale e peculiari.
I Giudici Supremi sottolineano poi che la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno esistenziale costituisce duplicazione risarcitoria; al contrario, non costituisce duplicazione la differente ed autonoma valutazione compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della sua lesione del diritto alla salute.

La decisione della CGUE del 9 luglio 2020 nella causa C – 343/19 presenta numerosi profili d’interesse.
Si tratta di una pronuncia resa, a seguito di rinvio pregiudiziale da parte di un giudice austriaco, nell’ambito di una delle controversie derivanti dalla nota vicenda del c.d. Dieselgate; la controversia era stata promossa da un’associazione per l’informazione dei consumatori, operante appunto in Austria, alla quale i consumatori avevano ceduto i loro diritti ad agire contro la Volskwagen. Oggetto dell’azione era il risarcimento del danno derivante dal fatto che, qualora i consumatori avessero conosciuto l’installazione sulle autovetture Volswagen da essi acquistate di un software che manipolava i dati relativi alle emissioni dei gas di scarico, non avrebbero concluso il contratto o avrebbero acquistato il veicolo ad un presso inferiore.

In primo luogo, la Corte, richiamando la propria giurisprudenza sull’interpretazione dell’art. 7, punto 2 del regolamento 1215/2012, noto anche Regolamento Bruxelles I bis, afferma che il danno lamentato nel caso di specie dall’associazione attrice, benché i veicoli fossero affetti da un vizio sin dall’installazione di tale software, si era concretizzato solo al momento dell’acquisto di detti veicoli, con l’acquisizione per un prezzo superiore al loro valore reale.

Inoltre, la Corte ritiene che il danno in questione non sia né una conseguenza indiretta del danno subito da altri soggetti, né un danno meramente patrimoniale, nel senso che la giurisprudenza della Corte attribuisce al termine, ma un danno materiale, che si traduce in una perdita di valore di ciascun veicolo interessato e derivante dal fatto che, emersa l’installazione del software che manipola i dati relativi alle emissioni dei gas di scarico, il pagamento effettuato per l’acquisto di un simile veicolo trova come contropartita un veicolo affetto da un vizio e, quindi, di valore inferiore.

Di qui la soluzione, di sicuro favore per il consumatore, secondo la quale la competenza giurisdizionale viene ad essere radicata nel territorio dello Stato membro dove sia stato acquistato dal consumatore stesso il veicolo, e non nel luogo dove l’illecito si era consumato.

linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram