La Corte di Cassazione, con ordinanza del 3.6.2020, n. 10535, ha dichiarato la nullità della clausola che prevede la facoltà del datore di lavoro di recedere unilateralmente dal patto di non concorrenza, escludendo, peraltro, che la nullità della clausola si estendesse all’intero patto, ai sensi dell’art. 1419 c.c..
La pronuncia dichiara in premessa di voler dar seguito all’insegnamento – riconducibile a Cass. n. 212/13 e, ancora di recente, a Cass. 3/18 – secondo cui è nullo, per violazione dell’art. 2125 c.c., il patto di non concorrenza laddove preveda la libertà di recesso del datore di lavoro alla data di cessazione del rapporto (o per il periodo successivo, nell’arco temporale di vigenza dell’obbligo di non concorrenza), e ciò perché tale unilaterale libertà di recesso vanificherebbe le valutazioni sulla base delle quali il lavoratore ha accettato una limitazione alla libertà di lavoro, privandolo – in un momento nel quale già si è predisposto per adempiere all’obbligo già vigente - del corrispettivo (il diritto alla erogazione del quale era sorto, nei casi decisi dal Supremo Collegio, solo al momento della cessazione del rapporto) e comunque rendendo indeterminabile il limite temporale dell’obbligo post contrattuale.
La Cassazione, con l’ordinanza in commento, si spinge oltre i precedenti richiamati, ritenendo applicabile il medesimo principio anche alla (diversa) ipotesi in cui “il recesso dal patto di non concorrenza sia avvenuto in costanza di rapporto di lavoro” sulla base dell’assunto che “i rispettivi obblighi si sono cristallizzati al momento della sottoscrizione del patto”.
Sennonché, proprio avendo riguardo alla ratio sottesa al principio affermato dai precedenti di cui la decisione in commento si dichiara tributaria, pare potersi sostenere che il diritto di recesso attribuito al datore in costanza di rapporto non incida sulle valutazioni di convenienza operte dal lavoratore al momento della sottoscrizione del patto, atteso che il recesso non potrebbe spiegare alcun effetto (anche avuto riguardo alla determinabilità del corrispettivo e all’efficacia temporale del vincolo) su un obbligo di non concorrenza che non sia ancora sorto e porrebbe, anzi, il lavoratore in una situazione di maggior favore, liberandolo da ogni vincolo futuro con acquisizione definitiva del corrispettivo versato sino al recesso (ove ne sia previsto il pagamento, come avviene sempre più spesso nella prassi, in costanza di rapporto). Proprio per la ragione da ultimo richiamata appare agevole operare, nei casi di pagamento in costanza di rapporto, un distinguishing rispetto al principio enunciato dall’ordinanza, escludendone senz’altro l’applicazione ad essi.

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