“Necessary in a democratic society”: con queste parole la Corte di Strasburgo ha descritto le misure nazionali, adottate dalla Repubblica Ceca, prevedenti l’obbligatorietà di vaccini (Decisione dell’8 aprile 2021, Caso di Vavřička and Others v. the Czech Republic).
Si tratta di una importante decisione che (speriamo) troverà ampio spazio nell’ambito del dibattito e dei conseguenti provvedimenti relativi alla vaccinazione ora in atto per il covid – 19.
Il caso affrontato dalla CEDU non riguardava, ovviamente, tali vaccini, ma i principi sottolineati nella decisione si mostrano importanti e rilevanti a prescindere da quale sia il virus protagonista.
Il ricorso era stato presentato da alcuni genitori che erano stati multati per essersi rifiutati di far vaccinare i propri figli o che avevano ricevuto il diniego dell’ammissione alla scuola materna a causa proprio di detto rifiuto. In particolare, i ricorrenti avevano sostenuto che le conseguenze del mancato rispetto dell’obbligo di vaccinazione fossero incompatibili con il diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La Corte, dopo aver esposto i fatti posti alla base della vicenda, ha svolto un attento approfondimento del quadro normativo e della prassi interna della Repubblica Ceca nonché della giurisprudenza costituzionale dei vari Stati membri.
Per quanto riguarda l’Italia, la Corte ha richiamato, in primo luogo, e ovviamente, la nota sentenza n. 5/2018 nell’ambito della quale la nostra Corte Costituzionale ha disatteso le censure di illegittimità che erano state rivolte contro le norme che, con lo strumento del decreto legge, avevano incrementato a dieci il numero di vaccinazioni obbligatorie, subordinando l’accesso ai servizi educativi per l’infanzia alla ricezione di tutti e dieci i vaccini.
A questo proposito, si rammenta che, in quella sede, il nostro Giudice delle Leggi, aveva ribadito che l’art. 32 della Costituzione postula il necessario contemperamento del diritto alla salute del singolo (anche nel suo contenuto di libertà di cura) con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività, nonché, nel caso di vaccinazioni obbligatorie, con l’interesse del bambino, che esige tutela anche nei confronti dei genitori che non adempiono ai propri compiti di cura (si veda, tra le molte altre, la sentenza n. 258 del 1994).
In particolare, secondo la Corte Costituzionale, la legge impositiva di un trattamento sanitario non è incompatibile con l’art. 32 della Costituzione:
La Corte di Strasburgo ha altresì richiamato le principali norme di diritto internazionale (quali la Convenzione dei diritti dell’infanzia dell’Onu, il Global Vaccine Action Plan dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la Carta Sociale europea) e quelle del diritto dell’Unione europea (primo tra tutti l’art. 168 TFU), concentrandosi, poi, sulla lamentata violazione dell’art. 8 della Convenzione.
A questo riguardo, si rammenta che, in virtù di tale disposizione, dedicata al ‘Diritto al rispetto della vita privata e familiare’ “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”
Ecco, allora, che la Corte ha preso le mosse proprio dall’art. 8, premettendo che, per determinare se, nel caso affrontato, fosse configurabile la lamentata violazione di tale norma, occorrerebbe esaminare se l’interferenza nella vita privata disposta dall’imposizione della vaccinazione, ai sensi del secondo comma del medesimo art. 8, fosse “in accordance with the law, pursued one or more of the legitimate aims specified therein, and to that end was necessary in a democratic society”.
Pertanto, la giustificazione dell’ingerenza nella vita privata deriverebbe dalle seguenti tre condizioni:
Per quanto riguarda la previsione di legge, viene ribadito che la stessa debba essere accessibile e formulata con sufficiente precisione, e che debba intendersi in senso sostanziale e non formale.
Circa, invece, le finalità perseguite per mezzo dell’obbligo dei vaccini, l’obiettivo è la protezione contro malattie che possono comportare un grave rischio per la salute; e questo si riferisce sia ai soggetti che ricevono la vaccinazione in questione, sia a coloro che non possono essere vaccinati e che, dunque, si trovano in uno stato di vulnerabilità in virtù del quale devono fare affidamento sul raggiungimento di un alto livello di vaccinazione nella società. E questo obiettivo, secondo la Corte, corrisponde alle finalità della protezione della salute e della tutela dei diritti altrui, riconosciute dall’art. 8.
Venendo, poi, alla terza condizione, va precisato che il sistema della Convenzione, come ha rilevato la Corte, ha un ruolo fondamentalmente sussidiario; le autorità nazionali, infatti, riescono a valutare meglio le condizioni e le necessità delle popolazioni e, pertanto, spetta in primo luogo a loro effettuare la valutazione iniziale del giusto equilibrio nella valutazione della necessità di una interferenza nei termini sopra precisati.
Secondo il costante orientamento della Corte, le questioni relative alla politica sanitaria rientrano in linea di principio nel margine di valutazione del legislatore nazionale che si trova nella posizione migliore per stimare le priorità, l’uso delle risorse e le esigenze sociali.
La verifica che la Corte è chiamata a svolgere riguarderà, allora, la questione se la legislazione nazionale che obbliga alla vaccinazione risponda al principio di “necessità in una società democratica”; e la risposta sarà affermativa se l’ingerenza stessa:
Orbene, il legislatore della Repubblica Ceca avrebbe ben considerato tali requisiti: rileverebbero, in particolare, la pressante esigenza sociale di tutela della salute individuale e pubblica, alla luce, soprattutto, della tendente diminuzione del tasso di vaccinazione tra i bambini, l’efficacia e la sicurezza della vaccinazione infantile, la previsione di sanzioni in caso di rifiuto (e non di somministrazione forzata) e la non ammissione alla scuola materna intesa quale misura protettiva della salute dei bambini non vaccinati.
Nessuna violazione dell’art. 8 della Convenzione, dunque, è configurabile nel caso esaminato dalla Corte.
Particolarmente interessante è il passaggio della decisione relativo all’efficacia dei vaccini e alla loro sicurezza.
Sul primo aspetto, la Corte rinvia al consenso generale sull’importanza vitale di questo strumento di protezione delle popolazioni nei confronti delle malattie che possono avere seri effetti sulla salute individuale e che, in caso di gravi focolai, possono causare danni alla società.
Per quanto riguarda, invece, la sicurezza, secondo la Corte, non è in discussione che, nonostante la piena sicurezza per la grande maggioranza dei soggetti, in rari casi la vaccinazione può rilevarsi dannosa per il singolo individuo, causando danni alla salute gravi e a lungo termine.
In relazione a questi rari, ma indubbiamente molto gravi, rischi per la salute individuale, a detta della Corte, gli organi della Convenzione hanno sottolineato l’importanza “di prendere le necessarie precauzioni prima della vaccinazione”, controllando “in ogni singolo caso le possibili controindicazioni” e monitorando la sicurezza dei vaccini in uso. In questa prospettiva, la Corte ha ritenuto di non vedere ragione di mettere in discussione l’adeguatezza del sistema nazionale.
A questo punto, occorre riflettere su quanto hanno sottolineato i giudici di Strasburgo.
In fondo, l’epidemia da covid – 19 non ci sta chiedendo di compiere scelte necessarie ad una società democratica?