In tema di risarcimento del danno da diffamazione a mezzo stampa, la pubblicazione di una rettifica ai sensi dell’art. 8 della l. n. 47 del 1948 non determina, quale conseguenza automatica, la riduzione del danno. Occorre, invero, procedere ad una valutazione in concreto della relativa incidenza sullo specifico pregiudizio già verificatosi quale conseguenza delle dichiarazioni offensive.
Questo è quanto ha sottolineato la Corte di Cassazione (ordinanza n. 1152/2022 del 17 gennaio 2022).
L’art. 8 della l. n. 47/48 (Legge sulla stampa) prevede l’obbligo di pubblicare gratuitamente “le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini od ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Tuttavia, la norma non dispone una conseguenza automatica di riduzione del risarcimento del danno derivante dalla diffamazione.
Questa conclusione, invero, poteva individuarsi già in alcune precedenti pronunce dalla Suprema Corte.
La sentenza n. 16040 del 2013, come ha precisato la stessa Corte nella recente ordinanza sopra citata, nella sua concisa motivazione, si era limitata a riconoscere una possibilità, e quindi non un’automatica incidenza, della pubblicazione della rettifica sul danno (“la pubblicazione delle rettifiche, se non può eliminare l'illiceità dell'articolo di stampa, ne può eliminare o ridurre gli effetti dannosi”).
La medesima Corte, con sentenza n. 9038 del 2010, aveva evidenziato che l’istituto della rettifica è una facoltà dell’interessato diretta ad “evitare che la pubblicazione offensiva... possa continuare a produrre effetti lesivi, ma non elimina i danni già realizzati”.
Ne consegue che la pubblicazione della rettifica non può escludere il carattere diffamatorio delle dichiarazioni offensive se l’eventus damni è già avvenuto con la pubblicazione, appunto, delle stesse.