Il lavoratore ha sempre diritto a visionare i documenti alla base della contestazione disciplinare?

Stefano Guadagno
18 Aprile 2025

Il datore di lavoro deve mettere a disposizione del lavoratore la documentazione a fondamento della contestazione disciplinare, se il lavoratore indichi i documenti che ritiene necessari all’esercizio di un’adeguata difesa.

Questo il principio affermato dalla Cassazione, con ordinanza del 27 marzo 2025, n. 9149.

Una dipendente di banca era stata licenziata perché, abusando del proprio ruolo e delle proprie mansioni, aveva effettuato operazioni bancarie non autorizzate sui conti correnti dei clienti, in particolare prelevamenti di contanti mediante il sistema "oneshot", con firme palesemente difformi da quelle depositate dai titolari ed aveva, inoltre, eseguito ripetute interrogazioni non giustificate da esigenze di servizio.

I giudici del merito avevano disatteso le censure proposte dalla lavoratrice avverso il licenziamento, e confermato la legittimità dello stesso, condannando la dipendente al risarcimento del danno subito dalla banca per avere dovuto rimborsare i clienti delle somme oggetto delle operazioni contestate.

La Corte di Cassazione, dichiarati inammissibili i motivi attinenti alla sussistenza del fatto contestato e alla proporzionalità della sanzione comminata, affronta i motivi a mezzo dei quali la ricorrente ha lamentato la legittimità della procedura disciplinare.

In particolare, e per quel che qui interessa, la ricorrente, nell’ambito del sesto motivo di ricorso, ha dedotto la violazione dell’art. 7 L. n. 300 del 1970 (Statuto dei Lavoratori) per non esserle stato permesso di prendere visione di tutti i documenti a fondamento della contestazione disciplinare, così impedendole un’effettiva possibilità di difesa. In particolare, la ricorrente ha lamentato che non solo non era stata fornita copia di tutti i documenti, bensì esclusivamente degli specimen di firma, ma che neanche erano state sottoposte alla lavoratrice le dichiarazioni di disconoscimento rilasciate dai clienti delle operazioni in contestazione.

La Corte muove dall’assunto che l’art. 7 della l. n. 300 del 1970 non prevede che, nell’ambito del procedimento disciplinare, l’obbligo per il datore di lavoro di mettere a disposizione del lavoratore, nei cui confronti sia stata elevata una contestazioni di addebiti di natura disciplinare, la documentazione aziendale relativa ai fatti contestati, restando salva la possibilità per il lavoratore medesimo di ottenere, nel corso del giudizio ordinario di impugnazione del licenziamento irrogato all’esito del procedimento suddetto, l’ordine di esibizione della documentazione stessa”. 

Il datore di lavoro è tenuto, tuttavia, ad “offrire in consultazione all’incolpato i documenti aziendali solo in quanto e nei limiti in cui l’esame degli stessi sia necessario al fine di una contestazione dell’addebito idonea a permettere alla controparte un’adeguata difesa”. Ne consegue che il lavoratore, che lamenti la violazione dell’obbligo di difesa,ha l’onere di “specificare i documenti la cui messa a disposizione sarebbe stata necessaria al predetto fine” (il richiamo è, tra le tante, a Cass., sez. lav., 25.10.2018, n. 27093, ed ancora, Cass. n. 23304 del 2010).

Applicando tali principi, la Corte conclude che, nella fattispecie, non risultasse accertato se e quando, nel corso del procedimento disciplinare, la lavoratrice avesse fatto richiesta di poter visionare documenti ulteriori, e quali, rispetto a quelli offerti in visione dalla datrice di lavoro, fossero necessari a poter esplicare il proprio diritto di difesa.

Su queste premesse, la Corte ha rigettato il ricorso e confermato la legittimità del licenziamento, anche sotto il profilo procedurale.

Altri articoli di 
Stefano Guadagno
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram