La terza Sezione della Corte di Cassazione, con ordinanza interlocutoria n. 32969/23 del 27 novembre 2023 ha rimesso al Primo Presidente la valutazione circa l’opportunità di remissione alle Sezioni Unite della questione se, in relazione all’azione revocatoria, il dolo del debitore debba essere generico o specifico.
Nella vicenda processuale sottesa alla pronuncia in esame, avente ad oggetto un atto dispositivo anteriore all’insorgenza del credito, il giudice d’appello aveva ritenuto sufficiente ad integrare l’animus nocendi del debitore il dolo generico – e cioè la “la sola previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori”, e non occorrente quindi il dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore e del terzo di pregiudicare le ragioni del creditore.
L’ordinanza in commento, nell’esaminare il motivo di ricorso articolato dal ricorrente sul punto, ripercorre il dibattito, animatosi negli ultimi anni nell’ambito della giurisprudenza di legittimità, in merito all’identificazione dell’elemento soggettivo richiesto ai fini della revocatoria dell’atto anteriore all’insorgenza del credito, individuando, sostanzialmente, due orientamenti contrapposti:
1) un primo orientamento, tutt’ora maggioritario, che richiede il dolo specifico in capo al debitore, e dunque la preordinazione di un intento fraudolento, secondo la formulazione letterale dell’art. 2901 c.c. (tra quelle citate nell’ordinanza interlocutoria, Cass. sez. 3, ord. 7 giugno 2023 n. 16092, Cass. sez. 3, 15 novembre 2016 n.23205, Cass. sez. 3, 19 settembre 2015 n. 18315).
In particolare, Cass. sez. 3, 29 maggio 2013 n. 13446, ha rilevato in motivazione che “se l’azione revocatoria ha per oggetto atti posteriori al sorgere del credito, ad integrare l’elemento soggettivo del consilium fraudis è sufficiente la semplice conoscenza nel debitore e nel terzo acquirente del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni del creditore, laddove, se essa ha per oggetto atti anteriori al sorgere del credito, è richiesta, quale condizione per l’esercizio dell’azione medesima, oltre all’eventus damni, la dolosa preordinazione dell’atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito e, in caso di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma”.
2) un secondo orientamento – risalente a Cass., 7 ottobre 2008, n. 24757 – alla stregua del quale “quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare l’ “animus nocendi” richiesto dall’art. 2901, comma primo n.1, cod. civ. è sufficiente il mero dolo generico, e cioè la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio dei creditori, e non è, quindi, necessaria la ricorrenza del dolo specifico, e cioè la consapevole volontà del debitore di pregiudicare le ragioni del creditore”. Nello stesso senso, in epoca successiva, l’ordinanza segnala Cass. sez. 3, 15 ottobre 2010 n.21338; Cass. sez. 3, ord. 27 febbraio 2023 n.5812 e Cass. sez. 3, ord. 4 settembre 2023 n.25687.
Secondo tale ricostruzione, non è necessaria quindi la volontà del debitore (alla data di stipulazione) di contrarre debiti ovvero la consapevolezza da parte sua del sorgere della futura obbligazione, e che l’atto dispositivo venga compiuto al fine di porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l’attuazione coattiva del suo diritto.
Deve per converso ritenersi al riguardo sufficiente invero il dolo generico, sostanziantesi nella mera previsione dell’insorgenza del debito e del pregiudizio dei creditori, quest’ultimo da intendersi quale mero pericolo dell’insufficienza del patrimonio a garantire il credito.
L’ordinanza interlocutoria ha rinvenuto, negli arresti passati in rassegna, una difformità giurisprudenziale fonte di rilevante incertezza. Non resta, dunque, che attendere l’intervento nomofilattico delle Sezioni Unite.