La proposizione da parte del lavoratore di due giudizi di impugnativa avverso un unico licenziamento è ammissibile solo quando la stessa sia giustificata da uno specifico ed oggettivo interesse del creditore/lavoratore al frazionamento giudiziale, risolvendosi altrimenti in un abuso del processo contrario al principio di solidarietà affermato dall’art. 2 della Costituzione.
Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 22930 del 2021, ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Corte d’appello di Bologna.
La vicenda trae origine dalla proposizione da parte di un dirigente dell’Agenzia delle Entrate di due ricorsi diversi contro il medesimo atto di licenziamento. L’illegittimità del licenziamento era stata dedotta, con il primo ricorso, al fine di ottenere il pagamento della somma pattuita per la risoluzione consensuale, mentre, con il secondo, al fine di ottenere il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e della indennità supplementare, nonché per assenza di motivazione.
La Corte d’appello, considerata la diversità di causae petendi e delle conseguenze economiche invocate, ha rigettato le eccezioni sollevate dall’Agenzia delle Entrate escludendo la litispendenza anche parziale tra le due cause.
In seguito al ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate la Cassazione, dopo aver evidenziato la specialità della disciplina del licenziamento rispetto a quella generale della invalidità negoziale, restando solo la prima circoscritta all’atto e non essendo idonea ad estendere l’oggetto del processo al rapporto, ha ritenuto che il giudice del merito avesse correttamente escluso la litispendenza di cause, data la diversità di causae petendi pur nell’identità dei petitum.
Tuttavia ha ritenuto comunque fondata la questione sollevata dall’Agenzie delle Entrate circa l’improponibilità di plurime azioni avverso il medesimo atto di licenziamento facendo leva sui principi giurisprudenziali affermati a più riprese dalle Sezioni Unite della Cassazione in materia di frazionamento giudiziale del credito e abuso del processo.
In particolare, con la sentenza n. 23726/2007 si è affermato il principio per cui il frazionamento giudiziale del credito unitario risulta “contrario alla regola generale di correttezza e buona fede, in relazione al dovere inderogabile di solidarietà di cui all’art. 2 Cost. e si risolve in un abuso del processo ostativo all’esame della domanda”.
Con altra più recente sentenza, n. 4091/2017, le Sezioni Unite hanno precisato il predetto principio, con riferimento all’argomento della pluralità di diritti di credito distinti, relativi ad un unico rapporto di durata.
E’ stata così individuata un’eccezione alla regola generale di proponibilità di domande aventi ad oggetto diversi e distinti diritti di credito, anche se relativi ad un medesimo rapporto di durata, in quanto la trattazione davanti a giudici diversi si pone in contrasto con i principi di economia processuale incidendo sulla ragionevole durata dei processi e sulla stabilità dei rapporti: hanno affermato in quel caso le Sezioni Unite, enunciando così un principio posto a base anche della decisione dell’ordinanza qui illustrata, che “le domande relative a ciascun credito possono essere proposte separatamente soltanto se l’attore risulti ‘assistito’ da un oggettivo interesse al frazionamento”
La proposizione di più iniziative giudiziarie contro il medesimo atto di licenziamento, avendo ad oggetto un unico atto ed una medesima vicenda sostanziale, ricade nell’ambito del divieto di frazionamento delle tutele.
La predetta condotta per non risultare in violazione del principio di correttezza e buona fede processuale, dovrà, dunque, essere sorretta da uno specifico interesse oggettivo alla proposizione di due distinti giudizi volti all’impugnazione del medesimo atto di licenziamento.
Di qui l’accoglimento del ricorso in cassazione e l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, dato che il secondo ricorso avverso il licenziamento neppure avrebbe potuto essere proposto.
Dalla Cassazione giunge, dunque, un monito per i lavoratori licenziati: attenzione a non frammentare in più processi la contestazione di legittimità di un unico licenziamento, poiché si rischia di andare incontro ad una declaratoria di inammissibilità.
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