Il mantenimento di un ambiente stressogeno costituisce violazione dell’art. 2087 c.c.?

In tema di responsabilità del datore di lavoro per danni alla salute del lavoratore, è ravvisabile la violazione dell'art. 2087 c.c. nel caso in cui il datore di lavoro consenta, anche colposamente, il mantenersi di un ambiente stressogeno, fonte di danno alla salute dei lavoratori, ovvero ponga in essere comportamenti, anche in sé non illegittimi, ma tali da poter indurre disagi o stress, che si manifestino isolatamente o si connettano ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprire gli effetti e la gravità del pregiudizio per la personalità e la salute latamente intesi.

La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in relazione alla responsabilità del datore di lavoro che non si adopera per risolvere le conflittualità tra lavoratori (ord. n. 123 del 4 gennaio 2025).

Nel solco di quanto aveva già sottolineato in recenti pronunce (da ultimo, Cass. n. 15957 del 7 giugno 2024; Cass. n. 3822 del 12 febbraio 2024; Cass. n. 4664 del 21 febbraio 2024), la Corte ha precisato che “un ambiente lavorativo stressogeno è configurabile come fatto ingiusto, suscettibile di condurre anche al riesame di tutte le altre condotte datoriali allegate come vessatorie, ancorché apparentemente lecite o solo episodiche, in quanto la tutela del diritto fondamentale della persona del lavoratore trova fonte direttamente nella lettura, costituzionalmente orientata, dell'art. 2087 c.c.”.

Nella vicenda affrontata dalla Corte, per quanto rileva ai fini della questione qui in esame, la sentenza di appello aveva accertato, tra le altre cose, una responsabilità della parte datoriale per straining. L’azienda aveva così impugnato la decisione, deducendo la violazione dell’art. 2087 c.c. La Cassazione ha respinto la censura ritenendo che la Corte territoriale avesse ben valutato, con accertamento di fatto non sindacabile in quella sede, la ricorrenza, nel caso di specie, di una situazione stressogena in relazione ai fatti analiticamente dettagliati nella sentenza.

La pronuncia, secondo la Cassazione, era in linea con i principi sopra richiamati e, dunque, la critica della ricorrente è stata reputata infondata.

In argomento, si rinvia anche a Mobbing e straining: quali sono i presupposti per il risarcimento?, nonchéPuò una sola condotta mobbizzante del datore dare diritto al risarcimento del danno?

Altri articoli di 
Maria Santina Panarella
linkedin facebook pinterest youtube rss twitter instagram facebook-blank rss-blank linkedin-blank pinterest youtube twitter instagram