Con la sentenza n. 96 del 3 giugno 2024 la Corte Costituzionale si è espressa sul nuovo art. 171-bis c.p.c. ammettendo un’interpretazione adeguatrice della norma in esame che sia rispettosa del principio del giusto processo e che sia idonea a garantire il pieno rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio.
1. - L’ordinanza di rimessione
Con l’ordinanza del 23 settembre 2023, il Tribunale di Verona, sezione prima civile, ha sollevato diverse questioni di legittimità costituzionale del nuovo art. 171-bis c.p.c. in riferimento agli artt. 3, 24, 76 e 77 Cost.
Nell’ordinanza di rimessione il Giudice a quo ha evidenziato come la disposizione censurata, nell’ambito del nuovo processo civile riformato dal d.lgs. 149/2022, rivesta un ruolo centrale “in quanto ha la funzione, nell’intento di realizzare la concentrazione processuale che caratterizza la nuova fase introduttiva e di trattazione, di evitare che alla prima udienza il giudice sia chiamato a compiere le verifiche preliminari, anticipandole al decreto di fissazione dell’udienza”.
Tra le questioni di costituzionalità sollevate, di particolare rilievo è quella che ha portato il Tribunale a dubitare della conformità dell’art. 171-bis c.p.c. all’art. 24 Cost., nella misura in cui la disposizione censurata prevede l’emanazione, con decreto, di provvedimenti di carattere interlocutorio fuori udienza e senza alcun contraddittorio preventivo con le parti.
Secondo la Corte Costituzionale, l’art. 171-bis c.p.c., sotto un primo aspetto, sarebbe volto proprio al rispetto del principio del contraddittorio, onerando il Giudice, sin dal decreto di fissazione dell’udienza, di indicare alle parti le questioni rilevabili d’ufficio delle quali ritiene opportuna la trattazione.
Le parti sono sollecitate a sviluppare la propria posizione sulle questioni sollevate già nelle memorie di cui all’art. 171-ter c.p.c. e potranno discuterne all’udienza di prima comparizione.
Sotto altro aspetto, afferma la Corte Costituzionale, la disposizione censurata, “nella sua formulazione testuale, non garantisce allo stesso modo il contraddittorio laddove prevede che il giudice, prima dell’udienza di comparizione ex art. 183 cod. proc. civ. e delle memorie integrative ex art. 171-ter cod. proc. civ., operi le verifiche preliminari dalla stessa prescritte e adotti i provvedimenti conseguenti”.
È infatti stabilito che il giudice possa andare oltre e decidere direttamente tali questioni – ci si riferisce alle questioni di rito rilevabili d’ufficio riguardanti ad es. la notifica degli atti introduttivi del giudizio, la regolarità della rappresentanza delle parti, la necessità o opportunità che il giudizio si svolga anche con la partecipazione di un altro soggetto – con decreto, anticipatamente rispetto all’udienza di prima comparizione.
La decisione viene presa senza che le parti siano chiamate ad interloquire su di esse o abbiano la possibilità di farlo.
Da questo punto di vista, sostiene la Corte, il decreto è in grado di porre a carico delle parti “un onere processuale (di rinnovazione di una notificazione, di regolarizzazione della rappresentanza processuale, di integrazione del contraddittorio, di chiamata in causa di un terzo), che, se inadempiuto, comporta conseguenze pregiudizievoli per le parti, finanche l’estinzione del processo”.
La possibilità per le parti di aver voce all’udienza di prima comparizione in relazione alle scelte compiute nel decreto non è effettiva, venendo meno “il dialogo tra il giudice e i difensori sui vizi del contraddittorio, degli atti introduttivi e delle formalità di costituzione”.
Nonostante la censura del giudice rimettente abbia colto una possibile compressione del diritto di difesa in relazione alla norma in esame, la Corte Costituzionale, nella sentenza in commento, ritiene di poter superare il dubbio di legittimità costituzionale grazie ad un’interpretazione adeguatrice dell’art. 171-bis c.p.c.
2. - I principi espressi dalla Corte Costituzionale
Il giudice, nell’ambito del potere di direzione del processo sancito dall’art. 175 c.p.c. e più in generale dall’art 127 c.p.c. deve, in ogni caso, assicurare il rispetto del contraddittorio e, in forza dell’art. 101, co. 2, c.p.c. quando accerta che dalla sua violazione possa derivare una lesione del diritto di difesa, è tenuto ad adottare i provvedimenti opportuni.
Ne deriva che in occasione delle verifiche preliminari di cui all’art. 171-bis c.p.c., il giudice “può apprezzare egli stesso la necessità, in concreto, che le parti interloquiscano in ordine all’oggetto del decreto che è chiamato ad adottare prima dell’udienza di comparizione”.
A questo scopo, ha la possibilità di fissare, prima dell’emanazione del decreto previsto dalla disposizione censurata un’udienza ad hoc così come, ove lo ritenga opportuno, di concedere termini alle parti per il deposito di note scritte.
Nel caso in cui invece il giudice ritenga di adottare senz’altro il decreto le parti possono chiedere la fissazione di un’udienza ad hoc.
Ciò consentirebbe un’anticipazione della discussione sulla questione controversa, evitando in tal modo che, dispiegandosi il contraddittorio solo all’udienza di trattazione, il giudizio possa subire una regressione.
È d‘altra parte evidente come in entrambi i casi la fissazione di un’udienza ad hoc comporti inevitabilmente il differimento dell’udienza di prima comparizione con allungamento dei tempi processuali.
Pertanto, nel contesto di un’interpretazione adeguatrice della disposizione censurata, afferma la Corte Costituzionale, “l’art. 175 cod. proc. civ. non può essere piegato fino a far ritenere un vero e proprio obbligo processuale del giudice, essendo il suo potere direttivo essenzialmente discrezionale”.
Nel caso in cui il giudice ritenga di non frapporre un’udienza anticipata nell’ordinario iter processuale al solo fine di realizzare il contraddittorio tra le parti su singole questioni di rito, la realizzazione del contraddittorio è inevitabilmente differita all’udienza di cui all’art. 183 cod. proc. civ.
Ed in quella sede il giudice, prendendo in esame le ragioni delle parti, potrà, con ordinanza, confermare, modificare o revocare il decreto emesso in precedenza.
Nella sentenza in commento la Corte Costituzionale affronta anche il caso in cui una delle parti si sia attivata chiedendo al giudice la fissazione di un’udienza anticipata al fine di realizzare il contraddittorio su una questione di rito, rilevata d’ufficio dal giudice stesso e decisa con decreto.
In tale caso, afferma la Corte, “l’ordinanza adottata nell’udienza di prima comparizione non potrà comportare preclusioni o decadenze per la parte stessa ove questa, in ipotesi, non abbia posto in essere quell’attività processuale prescritta con il decreto, confidando nella possibilità di prospettare le proprie ragioni al giudice in sede di anticipato contraddittorio tra le parti”.
In forza dell’art. 101 cod. proc. civ. il giudice è dunque tenuto ad assicurare una interlocuzione alla parte che la chiede e a realizzare, pur se ormai solo all’udienza di comparizione, quel contraddittorio sollecitato anticipatamente e che prima non ha trovato risposta.
A conclusione del ragionamento la Corte Costituzionale ha affermato che “il sistema, per essere compatibile con il principio del contraddittorio” deve “essere ricostruito nel senso che, se una delle parti chiede la fissazione di un’udienza ad hoc per contestare il provvedimento emesso dal giudice senza averle sentite, e il giudice disattende detta istanza, non può quest’ultimo, una volta rimasto inadempiuto l’ordine in questione, assumere i provvedimenti “sanzionatori” in chiave processuale se conferma la propria decisione, dopo l’esplicazione del dovuto contraddittorio, all’udienza di trattazione, ma adotta quelli necessari per l’ulteriore corso del giudizio. La conferma comporta soltanto che la parte è onerata ad adempiere, nel termine perentorio indicato dal giudice alla stessa udienza ex art. 183 cod. proc. civ., a detto ordine giudiziale, incorrendo solo allora, in difetto, nelle ordinarie “sanzioni” processuali per la propria inattività”.
L’interpretazione adeguatrice ha come inevitabile conseguenza quella di un allungamento dei tempi del processo, ma, d’altra parte, afferma la Corte, l’art. 111, co. 2, Cost. impone che “l’esigenza della rapidità del processo insita nel canone della sua «ragionevole durata» non può pregiudicare la completezza del sistema delle garanzie della difesa e comprimere oltre misura il «contraddittorio tra le parti»”.
La disposizione censurata, conclude la Corte, per poter non essere in contrasto con l’art. 24 Cost. deve essere interpretata nel senso che “anche se le verifiche preliminari ex art. 171-bis cod. proc. civ. hanno ad oggetto questioni di rito normalmente “liquide” – e ciò giustifica la loro decisione con decreto del giudice prima dell’udienza di comparizione e trattazione in un’ottica di concentrazione e speditezza del processo, in coerenza con la ratio sottesa alla disposizione censurata e con lo spirito complessivo della legge di delega – per altro verso, non è sacrificato il contraddittorio delle parti nella misura in cui, quando emerga l’esigenza che questo debba dispiegarsi, il giudice possa adottare, nei modi sopra indicati, provvedimenti che salvaguardino il diritto di difesa”.
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https://www.cortedicassazione.it/resources/cms/documents/Corte_Costituzionale_n_97_2024.pdf