Il danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce “de die in diem”. Per la sua liquidazione occorre distinguere il danno passato, già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato (anche attraverso presunzioni semplici, ex art. 2727 c.c.) di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, non ancora verificatosi al momento della decisione, ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato.
Questi sono i principi che ha recentemente affermato la Corte di Cassazione (ordinanza 13 novembre 2024, n. 29307).
Il caso aveva preso le mosse dalle pretese avanzate nei confronti del Ministero dell’Istruzione e della Società proprietaria di un albergo dirette ad ottenere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non, da parte di una ragazza che aveva riportato postumi invalidanti gravissimi, a causa delle lesioni sofferte durante una gita scolastica.
Dopo tre giudizi di rinvio, la vicenda è tornata all’esame della Corte di Cassazione che, con una interessante motivazione, ha esplicitato i principi sopra citati.
Dagli stessi discende – come si legge nella pronuncia – che il risarcimento del danno patrimoniale relativo ad un periodo passato al momento della liquidazione dello stesso, cioè un danno che risulta, almeno in tesi, già verificatosi in concreto, non può essere effettuato con i criteri probabilistici ed astratti che devono essere (necessariamente) utilizzati per liquidare il danno futuro (cioè, quello non ancora verificatosi al momento della decisione). Al contrario, il danno passato deve essere allegato e provato in concreto.
La Cassazione ha ritenuto necessario precisare che tale conclusione non è in contrasto con il principio dalla medesima affermato secondo il quale deve ritenersi “illogica la motivazione che esclude l'esistenza del danno in presenza del volontario contributo assistenziale fornito da un familiare” (Cass. n. 20661 del 24 luglio 2024), atteso che tale ultimo incontestabile rilievo vale per i danni patrimoniali futuri e non per quelli relativi al passato.
Resta, poi, ferma – secondo la Suprema Corte - la possibilità, per il familiare che abbia prestato gratuitamente l'assistenza necessaria al congiunto (specie se in mancanza di diversa possibilità ed eventualmente anche anticipando, in tutto o in parte, le spese necessarie), di agire nei confronti del danneggiante, a titolo risarcitorio o anche a diverso titolo, in considerazione dell'oggettivo pregiudizio risentito in proprio, anche sul piano patrimoniale.
Nel fornire indicazioni circa la liquidazione del danno che dovrà essere fatta in sede di rinvio, la Corte, oltre a richiamare l’applicazione dei suddetti principi di diritto, ha precisato che la nuova liquidazione potrà avvenire mediante la tecnica del riconoscimento di una rendita vitalizia (da calcolare in base ai principi enunciati in Cass. n. 31574 del 25 ottobre 2022).
Inoltre, dovrà essere consentito all’attrice di fornire la prova dei danni patrimoniali maturati tra il gennaio 2015 (data della sentenza d’appello) e il momento della nuova decisione, cioè di quei danni che non erano ancora maturati al momento del precedente giudizio di rinvio e che, pertanto, non avrebbero potuto essere provati anteriormente.
Infine, in ogni caso, il danno (sia passato che futuro rispetto alla nuova decisione) dovrà calcolarsi operando la detrazione di quanto percepito dall’attrice a titolo di indennità di accompagnamento (ovvero in base ad altro titolo comunque idoneo a determinare il meccanismo della cd. compensatio lucri cum damno, sussistendone i necessari presupposti), per il medesimo periodo per il quale il risarcimento stesso sarà accordato.