Con una recente sentenza (la numero 14089/2024) la Cassazione ha nuovamente affermato il principio secondo cui “per la durata delle ferie annuali deve essere mantenuta la retribuzione che il lavoratore percepisce in via ordinaria”.
Va precisato che la nozione della “retribuzione feriale”, cioè della retribuzione percepita durante la fruizione delle ferie, è fortemente incisa dall’interpretazione che la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha fornito dell’art. 7 della Direttiva n. 2003/88, a mente del quale “gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali”.
Come chiarito dalla CGUE in più occasioni (tra le altre, CGUE 15 settembre 2011, C-155/10, Williams; CGUE 13 dicembre 2018, C-385/17, Torsten Hein) si vuole assicurare al lavoratore che beneficia delle ferie, una “condizione retributiva” sostanzialmente equiparabile a quella che ricorre in caso di normale svolgimento della prestazione lavorativa; e ciò sul presupposto che “una diminuzione della retribuzione potrebbe essere idonea a dissuadere il lavoratore dall’esercitare il diritto alle ferie”, in contrasto con il principi di diritto dell’Unione Europea e con la stessa Costituzione italiana, che, come è noto, all’art. 36, prevede che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Pertanto, qualsiasi disincentivo, anche indiretto, che possa appunto indurre il lavoratore a rinunciare alle ferie, o a tardarne la fruizione, è appunto incompatibile con gli obbiettivi perseguiti dal legislatore europeo, che vuole assicurare ai lavoratori il diritto ad un riposo effettivo anche al fine ultimo di tutelarne la salute e la sicurezza.
In applicazione di tali principi, ad esempio, con riferimento ad un dipendente di una compagnia aerea, facente parte del personale navigante, è stato ritenuto che dovesse rientrare nella nozione della retribuzione feriale anche l’indennità di volo integrativa, ordinariamente percepita dal lavoratore, con conseguente dichiarazione di nullità della clausola del CCNL applicato al rapporto che invece la escludeva dalla struttura della retribuzione feriale.
Pertanto, ha precisato la Cassazione, ove il lavoratore lamenti la mancata inclusione nella retribuzione feriale di una voce stipendiale ordinariamente corrispostagli, è necessario verificare “se l’importo pecuniario si ponga in rapporto di collegamento funzionale con l’esecuzione delle mansioni e sia correlato allo status personale e professionale di quel lavoratore”. Per tornare all’esempio più sopra menzionato, è evidente che l’indennità di volo non dovrà essere corrisposta a quei dipendenti della medesima compagnia aerea che non appartengono al “personale navigante” ma sono destinati a svolgere attività di handling: questi, non percependo tale indennità per effetto delle mansioni ordinariamente svolte, non avranno ovviamente diritto a percepirla durante la fruizione delle ferie.
Nel caso specifico deciso dalla Corte con la pronuncia n. 14089/2024 si discorreva della doverosità di ricomprendere nella retribuzione feriale di un lavoratore che svolgeva mansioni di “macchinista” la “indennità di utilizzazione professionale” e l’indennità per assenza dalla residenza, entrambe dirette a compensare “il disagio dell’attività tipica del dipendente viaggiante derivante dal non avere un luogo fisso di lavoro”. Posto che, ha affermato la Cassazione, tali indennità vengono corrisposte continuativamente al lavoratore, proprio perché immediatamente collegate alle mansioni tipiche del macchinista che “non ha una sede fissa di lavoro” e che è “continuativamente in movimento, lontano dalla sede formale di lavoro”, è necessari, allora, che la retribuzione feriale le ricomprenda; e ciò “in concordanza all’interpretazione conforme dalla citata giurisprudenza dell’Unione europea” ed “in linea con la finalità della direttiva (n.d.r. la n. 2003/88), recepita dal legislatore italiano, di assicurare nel periodo feriale un compenso che non possa costituire per il lavoratore un deterrente all’esercizio del suo diritto di fruire effettivamente del riposo annuale”.