Pur nell’assenza di limiti legislativamente previsti, il ricorso alla somministrazione di lavoro ha carattere strutturalmente temporaneo. Questo è quanto ha evidenziato la Corte di Cassazione che, con una recente pronuncia (sentenza 21 luglio 2022, n. 22861), ricca di richiami giurisprudenziali, ha affrontato, e risolto, la questione della conformità della normativa interna sul lavoro interinale al diritto dell’Unione Europa.
Il giudizio era stato instaurato da un lavoratore che aveva chiesto l’accertamento della nullità dei plurimi contratti di somministrazione a tempo determinato, impugnati, cumulativamente, dopo la scadenza dell’ultimo.
La sentenza di primo grado aveva rigettato la domanda, affermando la decadenza ex art. 32, co. 4, lett. d), l. 183/2010. La Corte d’appello aveva condiviso l’iter argomentativo del Tribunale svolto in relazione all’eccezione di decadenza con riguardo a tutti i contratti di somministrazione, ed aveva giudicato legittimo l’ultimo.
Il ricorrente ha così proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell’art. 117 Cost., co. 1, in relazione alla Dir. n. 2008/104/CE, art. 5.5., sul lavoro tramite agenzia interinale, e rilevando l’elusione delle norme interne e comunitarie.
Nel ricostruire il quadro normativo di riferimento, come ridisegnato dal d.lgs. n. 81/2015,la Corte ha dapprima rammentato che quest’ultima riforma, in continuità con la l. n. 92/2012 e con il d.l. n. 34 del 2014, ha eliminato ogni limite espresso all’utilizzo in missioni successive dello stesso lavoratore presso la medesima impresa utilizzatrice.
Dopo aver poi richiamato il diritto dell’Unione Europea sul lavoro tramite agenzia interinale (in particolare, la citata Direttiva 2008/104 come interpretata dalla Corte di Giustizia), la Cassazione si è soffermata, appunto, sulla conformità del diritto interno con il diritto dell’Unione.
Nel fare ciò, la Corte ha preso le mosse dall’importanza dell’interpretazione conforme delle norme nazionali al diritto dell’Unione Europea.
Come si evince dalle varie decisioni richiamate nella pronuncia in esame, l’obbligo degli Stati membri di raggiungere il risultato previsto in una direttiva, nonché il loro dovere, ai sensi dell’art. 4 TUE, paragrafo 3, e dell’art. 288 TFUE, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari volti a garantire l’adempimento di tale obbligo, valgono per tutti gli organi dello Stato, compresi quelli giurisdizionali.
Ne consegue che, pur di fronte ad una disposizione non dotata di effetto diretto, il carattere vincolante della stessa comporta in capo alle autorità nazionali un obbligo di interpretazione conforme del loro diritto interno a partire dalla data di scadenza del termine di recepimento.
Del resto, il canone esegetico dell’interpretazione conforme del diritto interno al diritto dell’Unione costituisce patrimonio ormai acquisito nella giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. n. 10414 del 2020 e Cass. n. 24325 del 2020).
In sintesi, dunque, la normativa nazionale deve essere esaminata conformemente alla normativa europea, tenendo conto delle indicazioni della Corte di Giustizia.
Con riferimento alla somministrazione di lavoro, la Cassazione ha richiamato, in particolare, le sentenze del 14 ottobre 2020 e del 17 marzo 2022 nell’ambito delle quali la Corte di Giustizia ha interpretato, appunto, la sopra citata dir. n. 2008/104.
In tali pronunce, la Corte europea ha messo in risalto, quale requisito immanente e strutturale del lavoro tramite agenzia interinale, il carattere di temporaneità ed ha segnalato il rischio di un ricorso abusivo a tale forma di lavoro in presenza di missioni successive che si protraggano per una durata che, secondo canoni di ragionevolezza, non possa considerarsi temporanea, avuto riguardo alla specificità del settore e alla esistenza di spiegazioni obiettive del ricorso reiterato a questa forma di lavoro.
Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte ha evidenziato che il fatto che il d. lgs. n. 81/2015, e prima ancora il d. lgs. n. 276 del 2003, non contengano alcuna previsione esplicita sulla durata temporanea del lavoro tramite agenzia interinale non impedisce di considerare tale requisito come implicito ed immanente del lavoro tramite agenzia interinale, in conformità agli obblighi imposti dal diritto dell'Unione, non comportando una simile lettura una interpretazione contra legem.
Di conseguenza, è compito del giudice di merito stabilire, caso per caso, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso l’impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, così da realizzare una elusione delle norme imperative ai sensi dell’art. 1344 c.c., e, specificamente, degli obblighi e delle finalità imposti dalla direttiva, da cui discende, secondo l’ordinamento interno, la nullità dei contratti.
Nel caso affrontato da Cass. n. 22861/2022, invece, il giudice di merito non aveva compiuto tali valutazioni, essendosi limitato, piuttosto, a constatare la decadenza dell’impugnativa dei singoli contratti di somministrazione, senza affrontare, dunque, la questione dell’eventuale elusione del combinato disposto della normativa interna e sovranazionale da cui si evince, come detto, il carattere ‘strutturalmente’ temporaneo del ricorso alla somministrazione pur nell’assenza dei limiti legislativamente previsti.
Invero - secondo la Suprema Corte – tale accertamento non era impedito dalla decadenza dall’azione di costituzione o accertamento di un rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore maturata ai sensi dell’art. 32 l. n. 183/2010.
Tale decadenza, infatti, non impedisce che la vicenda contrattuale insuscettibile di poter costituire fonte di azione diretta nei confronti dell'utilizzatore per la intervenuta decadenza possa, invece, rilevare “fattualmente ad altri fini: in particolare, come antecedente storico che entra a fare parte di una sequenza di rapporti e che può essere valutato, in via incidentale, dal giudice, al fine di verificare se la reiterazione delle missioni del lavoratore presso la stessa impresa utilizzatrice abbia oltrepassato il limite di una durata che possa ragionevolmente considerarsi temporanea, così da realizzare una elusione degli obiettivi della Dir. n. 2008/104.
Così come la decadenza dall'impugnativa di un licenziamento non preclude un'azione giudiziale volta a far accertare, ad esempio, profili di danno che siano diversi da quelli previsti dalla normativa speciale sui licenziamenti e che si traducano quindi in un comportamento illecito ulteriore del datore di lavoro, come il carattere ingiurioso del recesso”.
Secondo la Cassazione, dunque, una interpretazione conforme della normativa interna impone di verificare se, nel caso concreto, anche sulla base degli indici rivelatori delineati dalla Corte di giustizia, nonostante l’intervenuta decadenza dall'impugnativa del singolo contratto, il successivo e continuo invio mediante missioni del medesimo lavoratore possa condurre ad un abusivo ricorso all’istituto della somministrazione.
Il ricorso è stato così accolto e la sentenza cassata con rinvio.