Le Sezioni Unite, con sentenza n. 4892 del 25 febbraio 2025, si sono pronunciate sulla risarcibilità del danno da mancato guadagno conseguente alla risoluzione del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ove il bene sia stato rilasciato prima della scadenza naturale del contratto.
1. La vicenda processuale
Nella fattispecie decisa dalle Sezioni Unite il conduttore si era reso moroso nel pagamento di taluni canoni di locazione. Il locatore aveva quindi attivato il procedimento di rilascio, ottenendo la restituzione dell’immobile, in epoca antecedente alla naturale scadenza del contratto di locazione.
La medesima società locatrice aveva agito per ottenere il risarcimento dei danni dalla stessa subiti in conseguenza del comportamento contrattuale del conduttore, quantificati in misura corrispondente a tutti i canoni di locazione non corrisposti fino alla data di naturale scadenza del contratto o, quantomeno, fino alla data dell’eventuale conclusione di una nuova locazione, oltre al pagamento delle spese relative al procedimento di convalida dello sfratto.
La domanda risarcitoria era stata rigettata nei gradi di merito sulla base dell’assunto che “la materiale riconsegna dell’immobile locato prima della naturale scadenza del contratto era valsa a escludere la sussistenza di alcun residuo pregiudizio a carico della locatrice, segnatamente in relazione alla mancata percezione dei canoni fino alla scadenza del contratto”,dovendo ritenersi che il patrimonio del locatore “era stato adeguatamente reintegrato attraverso il ripristino del materiale godimento dell’immobile, non essendo emersa alcuna impossibilità di ristabilire detto godimento, secondo le modalità precedentemente usufruite, per fatto imputabile al conduttore”.
Ha proposto ricorso per cassazione il conduttore, censurando, nell’ambito del primo motivo di ricorso, la sentenza d’appello per avere negato il risarcimento dei danni relativi al conseguimento dei canoni di locazione fino alla naturale cessazione del contratto di locazione.
2. La questione sottoposta alle Sezioni Unite
Con ordinanza interlocutoria n. 31276 del 9 novembre 2023, di cui ci siamo occupati (Claudio Scognamiglio, Rimessa alle Sezioni Unite la questione della prova del danno risarcibile in favore del locatore in caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore) la Terza Sezione Civile ha rimesso alla Prima Presidente della Corte di cassazione, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se, in caso di risoluzione anticipata del contratto di locazione, al locatore spetti, a titolo di risarcimento del danno, una somma commisurata al canone convenuto, calcolata dal giorno del rilascio fino alla scadenza del contratto o, se anteriore, fino alla data di conclusione di un nuovo contratto.
Le Sezioni Unite, nel pronunciarsi sulla questione, danno conto del contrasto venutosi a creare nella giurisprudenza del Supremo Collegio:
3. La ricostruzione proposta dalle Sezioni Unite
Le Sezioni Unite ritengono doversi dare seguito al primo orientamento.
La sentenza in commento, in particolare, muove dalla critica all’indirizzo – condiviso dalla Corte di merito – secondo cui la restituzione dell’immobile escluderebbe l’esistenza di un danno risarcibile, nella misura dei canoni che sarebbero stati esigibili sino alla scadenza del contratto.
Tale indirizzo si fonda sull’assunto secondo cui la “causa del contratto di locazione si sostanzierebbe nella relazione funzionale asseritamente esistente tra la ‘rinuncia’, da parte del locatore, al godimento diretto del proprio immobile e il ‘compenso’ costituito dal pagamento del canone da parte del conduttore”. Il canone costituirebbe dunque una “modalità di fruizione indiretta dell'utilità sottesa al godimento del bene sostitutiva del possibile godimento diretto. Godimento diretto che il locatore, se conservasse la detenzione del bene potrebbe, si badi, esercitare con l’estrinsecazione della facoltà di godimento materiale su di esso” (così Cass., 10 dicembre 2013, n. 27614).
La Corte rileva che la tesi che individua la causa della locazione nella preliminare ‘rinuncia al godimento diretto’ non considera che non necessariamente in capo al locatore risiede un interesse al godimento diretto del proprio immobile, compensato dal canone.
Dovrebbe invece essere valorizzata la dimensione dello scambio “tra l’utilità economico-sociale rappresentata dal godimento di un bene immobile e l’importo monetario del canone”, scambio in forza del quale il locatore soddisfa il suo interesse alla “‘trasformazione’, in una definitiva disponibilità monetaria, della temporanea utilizzabilità del bene” e il conduttore l’interesse “a ‘trasformare’ la sua originaria disponibilità monetaria nel temporaneo godimento delle specifiche utilità offerte dal bene altrui”.
La tesi secondo cui il rilascio dell'immobile locato a seguito di risoluzione per inadempimento del conduttore non sarebbe di per sé tale da integrare un danno trascura la mancata realizzazione del programma negoziale originariamente convenuto tra le parti.
Infatti, “la restituzione anticipata dell’immobile da parte del conduttore inadempiente … non potrà mai costituire il ripristino di un preesistente equilibrio delle sfere giuridico-patrimoniali delle parti (se non quello prenegoziale, ormai superato dalla conclusione del contratto), quanto piuttosto l’attestazione del fallimento (per responsabilità del conduttore) del programma contrattuale alla cui realizzazione le parti si erano positivamente vincolate e, conseguentemente, della sopravvenuta impossibilità (sempre per fatto del conduttore) di pervenire alla realizzazione del piano degli effetti economici e giuridici che i contraenti avevano originariamente prefigurato”.
Muovendo da queste premesse le Sezioni Unite ritengono di dover dar seguito all’orientamento secondo il quale “il locatore, il quale abbia chiesto e ottenuto la risoluzione anticipata del contratto di locazione per inadempimento del conduttore, ha diritto anche al risarcimento del danno per l’anticipata cessazione del rapporto, da individuare nella mancata percezione dei canoni concordati fino alla scadenza del contratto o al reperimento di un nuovo conduttore”.
Allo stesso tempo, deve essere escluso qualsiasi automatismo in ipotesi volto a identificare il danno del locatore nell’insieme dei canoni non percepiti. Dunque, “il ‘mancato guadagno’ del locatore, in tanto potrà ritenersi risarcibile, in quanto appaia configurabile alla stregua di una «conseguenza immediata e diretta» dell’inadempimento”.
In questa prospettiva, assume rilievo decisivo la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi attivato “al fine di rendere conoscibile con i mezzi ordinari la disponibilità dell’immobile per una nuova locazione”, posto che “un atteggiamento di persistente ingiustificata inerzia del locatore nel riattivare le possibilità di recupero della redditività del proprio bene a seguito della sua riacquistata disponibilità … non potrà non legittimare, secondo l’id quod plerumque accidit, la prospettazione dell’eventuale riconducibilità della cessata redditività del bene alla responsabilità dello stesso locatore”.
Circa l’ultima questione prospettata dall’ordinanza di rimessione – in ordine alla applicabilità dell’art. 1591 c.c. (che limita la liquidazione del danno ai canoni pattuiti fino alla consegna del bene, salva prova del maggior danno) ai fini della determinazione dei danni risarcibili in caso di risoluzione per inadempimento – le Sezioni Unite concludono che non è prospettabile una estensione analogica della disciplina prevista per la ritardata consegna dell’immobile alla diversa fattispecie dell’inadempimento del conduttore.
4. Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite
La sentenza in commento, sulla base del ragionamento sopra ripercorso, afferma dunque il seguente principio di diritto: “Il diritto del locatore a conseguire, ai sensi dell’art. 1223 c.c., il risarcimento del danno da mancato guadagno a causa della risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore non viene meno, di per sé, in seguito alla restituzione del bene locato prima della naturale scadenza del contratto, ma richiede, normalmente, la dimostrazione, da parte del locatore, di essersi tempestivamente attivato, una volta ottenuta la disponibilità dell’immobile, per una nuova locazione a terzi, fermo l’apprezzamento del giudice delle circostanze del caso concreto anche in base al canone della buona fede e restando in ogni caso esclusa l’applicabilità dell’art. 1591 c.c.”.