L’appalto (endoaziendale) di servizi è genuino ove l’appaltatore eserciti una effettiva attività organizzativa, anche se il personale dell’appaltante abbia contatti con i dipendenti dell’appaltatore riconducibili all’attività di necessario coordinamento per rendere concretamente utili i servizi appaltati.
In questi termini si è espresso il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1891 del 25 febbraio 2021, al cospetto di un appalto avente ad oggetto il servizio di gestione dell’archivio di un istituto di credito.
In forza di quanto previsto dall’art. 29 del d. lgs. n. 276/03, alla luce dell’interpretazione offertane dalla più recente giurisprudenza, l’appalto può ritenersi genuino, e come tale lecito, tutte le volte in cui sussistanoin capo all’appaltatore
Dunque, gli appalti di opere e servizi, pur espletabili con mere prestazioni di manodopera (cd. labour intensive), sono leciti se “all'appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d'impresa, dovendosi invece ravvisare un'interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente” (Cass. Sez. Lav. n. 25 giugno 2020, n. 12551).
La sentenza in commento, facendo applicazione di tali principi, ha quindi rilevato che “affinché un appalto sia lecito e non si configuri come somministrazione irregolare, è necessario che gravi sull’appaltatore il compito effettivo e sostanziale di organizzare i mezzi necessari per fornire l’opera o il servizio all’appaltante, tenendo conto che, a seconda delle esigenze dedotte in contratto, l’opera o il servizio appaltati possono anche non richiedere rilevanti risorse strutturali o impiantistiche e possono essere realizzati da una genuina impresa c.d. “leggera” o “dematerializzata”, in cui l’organizzazione del fattore lavoro sia prevalente sul capitale”.
In questo senso, si configura un appalto lecito anche nelle ipotesi in cui il rapporto si esaurisca essenzialmente in prestazioni di opera (altamente qualificate, come ad esempio assistenza sistemistica, o anche non particolarmente qualificate: si pensi ad appalti di facchinaggio, pulizia e manutenzione ordinaria, già espressamente presi in considerazione dall’art. 3 della legge n. 1369/1960), “qualora l’appaltatore provveda effettivamente ad organizzare, dirigere e controllare il lavoro del proprio personale in modo tale che l’effetto complessivo delle prestazioni lavorative soddisfi l’interesse dell’appaltante dedotto in contratto”.
2. … Negl appalti leggeri
Sui c.d. appalti leggeri si è già soffermata la nostra Maria Santina Panarella, nella nota di commento alla ordinanza della Corte di Cassazione n. 23615 del 27 ottobre 2020 (Appalti "leggeri": se vi è l’effettiva gestione dei dipendenti l’appalto è genuino), la quale ha chiarito che, se negli appalti che richiedono l’impiego di importanti mezzi o materiali, cd. "pesanti", il requisito dell’autonomia organizzativa deve essere calibrato, se non sulla titolarità, quanto meno sull’organizzazione di questi mezzi; negli appalti cd. "leggeri", nei quali l’attività si risolve prevalentemente o quasi esclusivamente nel lavoro, è invece sufficiente che sussista, in capo all'appaltatore, una effettiva gestione dei propri dipendenti.
Come osservato ancora di recente dal Supremo Collegio, qualora venga prospettata una intermediazione vietata di manodopera “il giudice del merito deve accertare se la società appaltante svolga un intervento direttamente dispositivo di controllo sulle persone dipendenti dall'appaltatore del servizio, non essendo sufficiente a configurare la intermediazione vietata il mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto”. Sono dunque leciti gli appalti di opere e servizi che “costituiscano un servizio in sèésvolto con organizzazione e gestione autonoma dell'appaltatore, senza diretti interventi dispositivi di controllo dell'appaltante sulle persone dipendenti dall'altro soggetto” (Cass., 22 gennaio 2021, n. 1403).
3. … Negli appalti endoazionedali
Nel solco di questi arresti, la sentenza in esame ha dunque ribadito che deve ritenersi ammissibile un appalto di mere prestazioni di lavoro, e nel suo ambito legittimo un potere di coordinamento del committente sul dipendente dell’appaltatore, tale per cui il personale dell’appaltante impartisca disposizioni agli ausiliari dell’appaltatore a condizione che le disposizioni impartite non siano inerenti a concrete modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative, ma attengano al solo risultato di tali prestazioni, il quale può formare oggetto di un genuino contratto di appalto.
Del resto, a voler ragionare diversamente, si dovrebbe finire per accreditare la tesi, assurda, e respinta dall’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, della tendenziale illiceità di qualsiasi appalto di servizi endoaziendale, caratterizzato dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente.
Infatti, in ogni ipotesi di appalto di servizi endoaziendale, la concreta realizzazione dell’opus commesso all’appaltatore comporta un contatto diretto dei dipendenti di questo con l’organizzazione dell’appaltante; mentre situazione affatto diversa è quella delle direttive specifiche impartite quanto all’esecuzione della prestazione lavorativa .
Ancora di recente, la Suprema Corte (v. Cass., 10 giugno 2019, n. 15557) ha ribadito, che, “qualora venga prospettata una intermediazione vietata di manodopera nei rapporti tra società dotate entrambe di propria genuina organizzazione di impresa, il giudice del merito deve accertare se la società appaltante svolga un intervento direttamente dispositivo e di controllo sulle persone dipendenti dall’appaltatore del servizio, non essendo sufficiente a configurare la intermediazione vietata il mero coordinamento necessario per la confezione del prodotto”.
Occorre poi notare che la dislocazione logistica, per così dire, dell’esecuzione dell’attività oggetto di appalto all’interno di locali contigui a quelli del committente non ha alcuna rilevanza, decisivo essendo invece il datodell’assoggettamento del lavoratore che prospetti l’illiceità dell’appalto a direttive specifiche impartite circal’esecuzione della prestazione (si rimanda sul punto al già citatoarticolo di Maria Santina Panarella, nel commento a Cass., n. 23615 del 27 ottobre 2020 (Appalti "leggeri": se vi è l’effettiva gestione dei dipendenti l’appalto è genuino).
4. Conclusioni
Applicando correttamente tali principi, il Tribunale di Roma, dopo aver proceduto tramite la prova orale alla verifica della sussistenza o meno di un intervento direttamente dispositivo e di controllo sui dipendenti dall’appaltatore del servizio, ha ritenuto sussistere un’effettiva attività organizzativa svolta dalla appaltatrice (tramite un proprio referente) grazie alla quale i servizi oggetto di appalto venivano eseguiti e controllati dalla appaltante relativamente al loro buon risultato. Anche i contatti diretti tra personale dell’appaltante ed i dipendenti dell’appaltatore sono stati ricondotti all’attività di necessario coordinamento per rendere concretamente utili i servizi appaltati.