Le Sezioni Unite sulla decorrenza del termine di impugnazione dell’ordinanza conclusiva del rito sommario di cognizione

Camilla Maranzano
14 Febbraio 2023

Con la sentenza n. 28975 del 5 ottobre 2022 le Sezioni Unite hanno affermato importanti principi di diritto con riferimento alla disciplina del rito sommario di cognizione. In particolare, dopo un’attenta ricostruzione della normativa applicabile, la sentenza, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sorto sul tema, è giunta alla conclusione che il termine di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 702-ter, comma 6, c.p.c. decorre, per la parte costituita, dalla sua comunicazione o notificazione e non dal giorno in cui essa sia stata eventualmente pronunciata e letta in udienza e che, in mancanza delle suddette formalità, l’ordinanza può essere impugnata nel termine di sei mesi dalla sua pubblicazione, a norma dell’art. 327 c.p.c.

1. – I fatti di causa

Con la sentenza in commento è stato accolto il ricorso di un cittadino straniero avverso la sentenza di secondo grado che aveva dichiarato, nell’ambito di un procedimento per la protezione internazionale e umanitaria, la tardività dell’impugnazione proposta ai sensi dell’art. 702-quater c.p.c.

L'impugnazione, secondo il giudice di secondo grado, era da considerarsi tardiva essendo stata notificata oltre il termine di trenta giorni prescritto dall'art. 702-quater c.p.c. dalla data di lettura in udienza dell'ordinanza impugnata.

In seguito alla proposizione del ricorso, la questione riguardante la decorrenza del termine di impugnazione di cui all’art. 702-quater c.p.c., nonché quella riguardante l’appellabilità o meno dell’ordinanza di cui all’art. 702-ter, comma 6, c.p.c. nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., sono state devolute allo scrutinio delle Sezioni Unite, avendo rilevanza generale e non solo limitata all’ambito della protezione internazionale.

2. - Le questioni sottoposte all’esame delle Sezioni Unite

Nella sentenza in commento, le Sezioni Unite dirimono un contrasto sorto in giurisprudenza che ha posto il seguente dubbio interpretativo: se il termine di impugnazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 702-quater c.p.c., anche quando la cancelleria abbia provveduto alla comunicazione integrale dell’ordinanza, decorra, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dal giorno in cui la stessa sia stata pronunciata e letta in udienza, senza alcuna rilevanza delle circostanze dell'avvenuta lettura alla fine dell'udienza, in assenza della parte e non contestualmente alla trattazione della singola causa, né di alcun avviso previo ai difensori.

Secondo un certo orientamento “il termine per proporre appello avverso l'ordinanza resa in udienza e inserita a verbale decorre, pur se questa non sia stata comunicata o notificata, dalla data dell'udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a "comunicazione" ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.; neppure essendo applicabile, limitatamente all'appello, l'art. 327, comma 1 c.p.c., poiché la decorrenza del termine per proporre tale mezzo di impugnazione dal deposito dell'ordinanza è logicamente e sistematicamente esclusa dalla previsione, contenuta nell'art. 702-quater c.p.c., di decorrenza dello stesso termine, per finalità acceleratorie, dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza medesima” (cfr. Cass., 6 giugno 2018, n. 14478).

Secondo altra giurisprudenza, la decorrenza del termine breve di impugnazione dell'ordinanza, a norma dell'art. 702-quater c.p.c., dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza medesima deve essere esclusa, per la parte costituita, dalla data dell'udienza in cui l’ordinanza sia stata eventualmente resa mediante lettura in udienza ed inserimento a verbale “in quanto inapplicabile la diversa disciplina dell'art. 281sexies c.p.c.” (Cass., 18 maggio 2021, n. 13439).

In altra sentenza, con riferimento all’art. 281-sexies c.p.c., la Corte di Cassazione ha chiarito che “la lettura della sentenza in udienza e la sottoscrizione, da parte del giudice, del verbale che la contiene, non solo equivalgano alla pubblicazione prescritta nei casi ordinari dall'art. 133 c.p.c., ma anche esonerino il cancelliere dall'onere della comunicazione: sull'assunto che la lettura del provvedimento in udienza debba ritenersi conosciuta, con presunzione assoluta di legge, dalle parti presenti o che avrebbero dovuto essere presenti” (v. Cass., 5 aprile 2017, n. 8832).

Il contrasto, rilevano le Sezioni Unite, si registra anche in relazione alla diversa questione riguardante la possibilità o meno di proporre appello contro l’ordinanza di cui all'art. 702-ter, comma 6, c.p.c. nel termine semestrale stabilito dall'art. 327 c.p.c. (Cass., 6 giugno 2018, n. 14478 esclude tale possibilità, mentre Cass., 27 giugno 2018, n. 16893 la ritiene ammissibile).

3. - La questione riguardante la decorrenza del termine ‘breve’ di impugnazione

Dopo un’approfondita ricostruzione della disciplina e delle caratteristiche principali del rito sommario di cognizione, le Sezioni Unite hanno rilevato come sia il procedimento sommario di cognizione che il modello decisorio previsto dall'art. 281-sexies c.p.c. costituiscano “rimedi preventivi”, ex artt. 1 – bis ed 1 – ter L. 89/2001 a fronte  della violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sotto il profilo della  durata non ragionevole del processo.

La comunicazione dell’ordinanza ai sensi dell’art. 702-quater c.p.c., così come la trattazione ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., avendo funzione acceleratoria del giudizio, sottraggono alle parti la decisione (tramite la notificazione, a norma dell'art. 326 c.p.c.) sull'applicazione del termine breve di impugnazione, in quanto effetto automatico della conoscenza del provvedimento.

Sul punto le Sezioni Unite ricordano altresì che la questione della legittimità costituzionale dell’art. 702-quater c.p.c., “per asserita violazione degli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui stabilisce che l'ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione è appellabile entro il termine breve di trenta giorni dalla sua comunicazione ad opera della cancelleria, è stata ritenuta manifestamente infondata, trattandosi di una scelta discrezionale del legislatore, ragionevolmente in linea con la natura celere del procedimento, né lesiva del diritto di difesa, in quanto il detto termine decorre dalla piena conoscenza dell'ordinanza, che si ha con la comunicazione predetta ovvero con la notificazione ad istanza di parte”.

Il tenore letterale del testo dell’art. 702-quater, affermano le Sezioni Unite, è insuscettibile di un'interpretazione ricalcata sul modello decisorio dell'art. 281-sexies c.p.c. che invece ammette la decorrenza del termine per proporre appello avverso l'ordinanza resa in udienza e inserita a verbale, pur se questa non sia stata comunicata o notificata, dalla data dell'udienza stessa, equivalendo la pronuncia in tale sede a "comunicazione" ai sensi degli artt. 134 e 176 c.p.c.

Ciò premesso, le Sezioni Unite nella sentenza in commento ribadiscono che, ai fini della decorrenza del termine di trenta giorni previsto dall'art. 702-quater c.p.c.,la comunicazione di cancelleria debba avere ad oggetto il testo integrale della decisione, comprensivo del dispositivo e della motivazione; con la conseguenza che, ai detti fini, occorra fare riferimento alla data di notificazione del provvedimento ad istanza di parte, ovvero, se anteriore, alla comunicazione di cancelleria in forma integrale, ossia comprensiva di dispositivo e motivazione” (Cass. 23 marzo 2017, n. 7401; Cass. 16 febbraio 2022, n. 5079).

Non è dunque possibile far decorrere il termine breve d'impugnazione dalla sola notizia del dispositivo, per evidenti esigenze di difesa della parte soccombente, la quale deve avere la necessaria conoscenza della motivazione per poter predisporre i motivi di gravame.

La comunicazione dell’ordinanza nel procedimento sommario di cognizione ha un evidente carattere di specialità rispetto a quella della sentenza ordinariamente prevista dall'art. 133, comma 2, c.p.c., in quanto produttiva di uno specifico effetto (decorrenza del termine di appellabilità).

Al contrario l’art. 133 c.p.c. esclude espressamente tale effetto disponendo che “…La comunicazione non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all'art. 325”.

Preso atto dell’essenzialità della comunicazione nel sistema impugnatorio istituito dall'art. 702-quater c.p.c., in funzione della stabilizzazione degli effetti di cui all'art. 2909 c.c. della decisione, la stessa è pertanto necessaria anche laddove l'ordinanza sia stata pronunciata in udienza, perché, continuano le Sezioni Unite, “dire che l'ordinanza pronunciata in udienza è conosciuta dalle parti e quindi si ha per pubblicata è... cosa diversa dall'affermare che tale pronuncia è idonea a soddisfare il requisito della comunicazione, prescritto dall'art. 702quater c.p.c. per il decorso del termine breve".

La comunicazione deve essere intesa ai fini dell’art. 702-quater c.p.c. come "completezza e certezza della notizia sulla possibilità di accedere al provvedimento e come disponibilità del suo testo".

4. – Sull’applicabilità del termine ‘lungo’ di impugnazione previsto dall'art. 327 c.p.c.

Secondo le Sezioni Unite risulta applicabile all'ordinanza ai sensi dell'art. 702-ter, comma 6, c.p.c., qualora essa non sia stata comunicata, il termine semestrale di impugnazione “in corrispondenza coerente all'esigenza di stabilizzazione della decisione, in funzione di certezza dei rapporti giuridici”.

L'introduzione di una norma specifica per regolare il termine breve di impugnazione, cioè l'art. 702-quater, non può essere intesa come manifestazione di una voluntas legis escludente il termine lungo (“l'introduzione di una specifica disciplina attinente al termine breve e agli effetti del suo decorso non può quindi assorbire in modo meramente implicito la via dell'art. 327”).

Le Sezioni Unite ritengono che al rito sommario di cognizione ben possano applicarsi le disposizioni di ordine generale, poste a chiusura del sistema, quale è l’art. 327 c.p.c. in discussione (con la sua decorrenza dalla data di pubblicazione dell'ordinanza, che, come noto, si effettua con il deposito del provvedimento in cancelleria).

5. - Il richiamo ai principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite sulla decorrenza del termine di riassunzione del giudizio interrotto (S.U. 12154/2021).

Il tema dell'esigenza di una conoscenza effettiva e non di una conoscenza legale, che si risolva in una conoscibilità mera, ricorda la sentenza in commento, è stato già affrontato dalle Sezioni Unite con la sentenza del 7 maggio 2021, n. 12154 in riferimento alla necessità di ancorare ad una conoscenza effettiva la decorrenza del termine di riassunzione del giudizio interrotto (v. sul tema un nostro precedente commento “Le Sezioni Unite sull’individuazione del dies a quo per la riassunzione del processo interrotto per intervenuta dichiarazione di fallimento di una delle parti”), ancorché automaticamente, per effetto della dichiarazione di fallimento di una delle parti, ai sensi dell'art. 43 L. Fall.

In quel caso, si è ritenuto che “la conoscenza dell'evento interruttivo debba attingere la parte interessata nello specifico processo, in cui i suoi effetti siano esplicitati mediante una dichiarazione, una notificazione o una certificazione rappresentative di esso, assistite da fede privilegiata e che non sia sufficiente una conoscenza altrimenti acquisita: con attribuzione così di rilievo non soltanto al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla sua fonte. Come è stato osservato, una tale istanza esprime nel suo nucleo irriducibile il principio costituzionale del giusto processo (artt. 24 e 111, primo e comma 2 Cost.), che esige il suo effettivo inveramento nel processo, con il pieno rispetto delle sue regole”.

Anche alla luce di tali principi, la conoscenza del momento di decorrenza del termine di appellabilità dell'ordinanza emessa ai sensi dell'art. 702-ter, comma 6 c.p.c. deve essere certa e “derivare da un mezzo di diffusione della notizia, garantito nella sua fonte, così da essere assistita da una fede privilegiata, nell'insufficienza di una conoscenza altrimenti acquisita”.

Una tale certezza di individuazione del momento rilevante (decorrenza del termine di trenta giorni per l'appellabilità dell'ordinanza) è stata posta dal legislatore con una norma positiva ("dalla sua comunicazione o notificazione").

Sicché, affermano le Sezioni Unite, “il rispetto dell'art. 3 Cost. sarebbe negato da un regime di decadenza dall'impugnazione, dipendente dalla scelta del singolo ufficio giudiziario di modalità processuali ed operative”.

6. – Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite

Dalle superiori argomentazioni le Sezioni Unite, accogliendo il ricorso proposto, hanno enunciato il seguente principio di diritto: "Il termine (di trenta giorni) di impugnazione dell'ordinanza ai sensi dell'art. 702-quater c.p.c. decorre, per la parte costituita nelle controversie regolate dal rito sommario, dalla sua comunicazione o notificazione e non dal giorno in cui essa sia stata eventualmente pronunciata e letta in udienza, secondo la previsione dell'art. 281sexies c.p.c. In mancanza delle suddette formalità, l'ordinanza può essere impugnata nel termine di sei mesi dalla sua pubblicazione, a norma dell'art. 327 c.p.c.”.

Per leggere la sentenza integrale clicca qui

https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/28975_10_2022_no-index.pdf

Sullo stesso tema leggi anche

Le Sezioni Unite sull’individuazione del dies a quo per la riassunzione del processo interrotto per intervenuta dichiarazione di fallimento di una delle parti.

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