Le Sezioni Unite con la sentenza n. 1898 del 27 gennaio 2025 hanno espresso un importante principio di diritto in tema di azione revocatoria risolvendo un contrasto giurisprudenziale sorto intorno al significato da attribuire al requisito dell’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 c.c. quando l’atto di disposizione del patrimonio del debitore sia anteriore al sorgere del credito.
1. - L’ordinanza interlocutoria
Con riguardo all'individuazione dell'elemento soggettivo della revocatoria, nel caso in cui l’azione abbia ad oggetto un atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, la Terza Sezione civile, nel rimettere gli atti alla Prima Presidente, ai fini dell'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, ha rilevato sul punto la coesistenza nella giurisprudenza di legittimità di due diversi orientamenti: un primo orientamento che identifica il consilium fraudis nella “dolosa preordinazione dell’atto alla compromissione del soddisfacimento del credito” ed un secondo che invece lo identifica “nella mera previsione del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori”.
1.1. – Un primo orientamento: la necessità del “dolo specifico”
Secondo il primo orientamento ricordato, non sarebbe sufficiente l’atteggiamento psicologico che la dottrina penalistica è solita definire di “dolo generico”, intendendo con tale espressione la semplice conoscenza da parte del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori, tipico dell'azione revocatoria che abbia ad oggetto atti posteriori al sorgere del credito.
Ma, nel caso di atti anteriori al sorgere del credito, per l’orientamento in esame, è necessaria “la dolosa preordinazione dell'atto da parte del debitore al fine di compromettere il soddisfacimento del credito (si parla in tal caso di “dolo specifico”), nonché, ove si tratti di atto a titolo oneroso, la partecipazione del terzo a tale pregiudizievole programma”.
In altre parole, occorre che l’autore dell’atto dispositivo, alla data della sua stipulazione, “avesse l'intenzione di contrarre debiti oppure fosse consapevole del sorgere della futura obbligazione, e che lo stesso soggetto abbia compiuto l'atto dispositivo appunto in funzione del sorgere dell'obbligazione, per porsi in una situazione di totale o parziale impossidenza, in modo da precludere o rendere difficile al creditore l'attuazione coattiva del suo diritto”.
Nel caso di atto a titolo oneroso, ai fini della configurabilità della participatio fraudis, è necessario che il terzo acquirente sia a conoscenza della dolosa preordinazione dell’atto ad opera del disponente rispetto al credito futuro.
Tale conoscenza, precisa la Cassazione, “presuppone anche la conoscenza da parte del terzo dello specifico credito per cui è proposta l'azione, non necessaria invece nel caso di atto successivo al sorgere del credito, per la quale si ritiene sufficiente la mera consapevolezza da parte del terzo della diminuzione della garanzia generica, derivante dalla riduzione della consistenza patrimoniale del debitore”.
1.2. – Un secondo orientamento: è sufficiente il “dolo generico”
Secondo invece un diverso orientamento più recente, anche nel caso in cui l'atto dispositivo sia anteriore al sorgere del credito, sarebbe sufficiente la semplice coscienza, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato al creditore.
In altri termini, per tale orientamento, è sufficiente, quale condizione per poter esperire l’azione revocatoria, “la mera previsione del pregiudizio arrecato ai creditori, da intendersi anche quale mero pericolo dell'insufficienza del patrimonio a garantire il credito del revocante ovvero la maggiore difficoltà od incertezza nell'esazione coattiva del credito medesimo)”.
2. - L’interpretazione letterale dell’art. 2901 c.c.
Al fine di trovare una soluzione alla questione posta dall’ordinanza interlocutoria, le Sezioni Unite della Cassazione si sono soffermate in prima battuta sulla lettera dell’art. 2901, primo comma, c.c. che subordina la dichiarazione d'inefficacia degli atti di disposizione patrimoniale compiuti dal debitore in pregiudizio alle ragioni del creditore alle seguenti condizioni:
“1) che il debitore conoscesse il pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, l'atto fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento;
2) che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, fosse partecipe della dolosa preordinazione”.
Le espressioni utilizzate nell’art. 2901, primo comma, c.c. risultano rivelatrici dell'intento del legislatore di subordinare l'accoglimento della revocatoria a presupposti soggettivi diversi, a seconda che la stessa abbia ad oggetto un atto posto in essere in epoca anteriore o successiva al sorgere del credito allegato a sostegno della domanda.
Tant’è vero, afferma la Cassazione, “mentre il verbo "conoscere" significa avere notizia o cognizione di una cosa o del suo modo di essere, per averne fatto direttamente o indirettamente esperienza o per averla appresa da altri, il sostantivo "preordinazione" fa riferimento alla predisposizione di un mezzo in funzione del raggiungimento di un risultato. La seconda espressione implica pertanto una finalizzazione teleologica della condotta del debitore, il cui disvalore trova una particolare sottolineatura nell'aggiunta dell'aggettivo "dolosa", che allude al carattere fraudolento o quanto meno intenzionale dell'azione, indirizzata ad impedire od ostacolare l'azione esecutiva del creditore o comunque il soddisfacimento del credito; tale finalizzazione è del tutto assente nella prima espressione, che fa invece riferimento alla mera coscienza del pregiudizio che l'atto oggettivamente arreca o può arrecare alle ragioni dei creditori, per la riduzione della garanzia patrimoniale che ne consegue, indipendentemente dalle finalità concretamente perseguite dal debitore attraverso il compimento dello stesso”.
3. - I rapporti con i terzi e le conseguenze sulla certezza dei traffici giuridici
Le Sezioni Unite, nella sentenza in commento, oltre ad essersi soffermate sui profili legati all'interpretazione letterale e storico-sistematica dell’art. 2901 c.c., si sono interrogate anche in ordine alle conseguenze che l'accoglimento di una concezione più o meno restrittiva del consilium fraudis possa produrre nei rapporti tra le parti dell’obbligazione ed in quelli con i terzi che siano entrati in contatto con le stesse, nonché, più in generale, sul piano della certezza e della rapidità dei traffici giuridici.
Ad esempio, se si aderisse alla concezione meno restrittiva, che individua l’elemento soggettivo quale mera consapevolezza da parte del debitore del pregiudizio arrecato ai creditori, si verificherebbe un’indubbia dilatazione dei margini di operatività dell’istituto della revocatoria.
Ciò, se da un lato comporta un rafforzamento della tutela dei diritti dei creditori, dall’altro si pone “in contrasto con la natura eccezionale che l'azione revocatoria viene ad assumere nell'ipotesi in cui abbia ad oggetto atti dispositivi posti in essere in epoca anteriore al sorgere del credito: in quanto avente la funzione di consentire al creditore di soddisfarsi su beni che hanno cessato di far parte del patrimonio del debitore prima dell'insorgenza dell'obbligazione, essa costituisce una deroga al principio generale, sancito dall'art. 2740, primo comma, cod. civ., secondo cui il debitore risponde dell'adempimento "con tutti i suoi beni presenti e futuri", cioè con quelli esistenti nel suo patrimonio alla data in cui è sorta l'obbligazione e con quelli che abbia acquistato in epoca successiva, e non anche con quelli di cui alla predetta data avesse già cessato di essere titolare”.
Inoltre, in questo ragionamento, devono essere tenute in necessaria considerazione le posizioni giuridiche dei terzi.
L'accoglimento dell’azione revocatoria, affermano le Sezioni Unite della Cassazione, “è inevitabilmente destinato ad incidere sulle posizioni giuridiche di una pluralità di soggetti (oltre al debitore, il terzo acquirente ed eventuali subacquirenti, nonché i loro creditori) i cui interessi vanno tenuti debitamente in conto, nell'ambito di un opportuno bilanciamento con quello dei creditori alla conservazione della garanzia patrimoniale: proprio a tutela delle predette posizioni, e quindi della sicurezza degli scambi, il legislatore ha subordinato l'accoglimento della domanda all'ulteriore condizione che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse partecipe della dolosa preordinazione, cioè a conoscenza dell'intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro …, ed ha disposto, all'art. 2903 cod. civ., che l'azione revocatoria si prescriva in cinque anni dal compimento dell'atto, ovverosia in un termine breve, anziché in quello di dieci anni ordinariamente previsto per i diritti di credito”.
4. - Il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite
A conclusione della sentenza in commento, le Sezioni Unite hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di azione revocatoria, quando l'atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare la ‘dolosa preordinazione’ richiesta dallo art. 2901, primo comma, cod. civ. non è sufficiente la mera consapevolezza, da parte del debitore, del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni dei creditori (c.d. dolo generico), ma è necessario che l’atto sia stato posto in essere dal debitore in funzione del sorgere dell’obbligazione, al fine d’impedire o rendere più difficile l’azione esecutiva o comunque di pregiudicare il soddisfacimento del credito, attraverso una modificazione della consistenza o della composizione del proprio patrimonio (c.d. dolo specifico), e che, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo fosse a conoscenza dell’intento specificamente perseguito dal debitore rispetto al debito futuro”.
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Sullo stesso tema leggi sul nostro sito l’articolo di Stefano Guadagno “Azione revocatoria: il dolo è generico o specifico?”