Il caso concreto
Un inquilino di uno stabile residenziale realizza un secondo bagno nella stanza adiacente la camera da letto dell’immobile del dirimpettaio, collocando la cassetta di incasso del wc nel sottile muro divisorio dei due appartamenti.
Viene quindi instaurato un giudizio nel quale si chiede al giudice di accertare l’intollerabilità delle immissioni sonore provocate dagli scarichi del bagno realizzato ex novo. Ammessa la C.T.U., il consulente tecnico riscontra il superamento della normale tollerabilità delle immissioni sonore e l’impossibilità per l’attore di organizzare diversamente gli spazi all’interno dell’immobile, eventualmente spostando la camera da letto, date le modestissime dimensioni dell’immobile in questione. Inoltre, alla luce dell’accertato utilizzo frequente del bagno da parte del convenuto nelle ore notturne, viene rilevata dalla Corte territoriale la sussistenza di un danno “alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita, diritti costituzionalmente garantiti e tutelati dall’art. 8 CEDU”.
La soluzione della Cassazione.
La Suprema Corte muove innanzi tutto dal rilievo per cui l’art. 844 c.c. - che come noto detta la disciplina delle immissioni tra fondi confinanti o comunque vicini - reca una locuzione ampia e generica di immissione intollerabile, con il corollario che spetta al giudice del merito accertare in concreto se l’immissione effettivamente superi, o meno, la normale tollerabilità. Nel compiere tale valutazione, il giudice sarà tenuto a prendere in considerazione elementi quali ‘la situazione ambientale’, le ‘caratteristiche della zona’ e ‘le abitudini di vita degli abitanti’, il tutto nell’ottica di tutelare “il diritto al riposo, alla serenità e all’equilibrio della mente, nonché alla vivibilità dell’abitazione che il rumore e il frastuono mette a repentaglio”. Rileva la Corte che il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, così come sancito dall’art. 8 CEDU, è stato tradotto e può tradursi nel diritto alla tutela della vivibilità dell’abitazione e alla qualità della vita all’interno di essa, la cui lesione ad opera dell’autore delle immissioni intollerabili è in grado di determinare un danno non patrimoniale in colui che tali immissioni subisce.
Nel caso di specie, afferma la Cassazione, è stata concretamente accertata “la sussistenza di un danno risarcibile correlato al pregiudizio del diritto al riposo, che ridonda sulla qualità della vita di un individuo e conseguentemente sul diritto alla salute costituzionalmente garantito”, con l’importante precisazione che “non si tratta di un danno in re ipsa ma di danno conseguenza…provato in termini di disagi sofferti in dipendenza della difficile vivibilità della casa”.
La vicenda è di sicuro interesse in quanto riguarda il diritto di proprietà e le limitazioni al godimento del bene che forma oggetto di tale diritto. Esso, come noto, è definito dall’art. 832 c.c. come il diritto di godere della cosa “in modo pieno ed esclusivo”, dove la pienezza deve essere intesa come “potenzialità del diritto dominicale a comprendere la generalità astratta delle forme di godimento e di disposizione relative al bene” (Bianca, La proprietà, Giuffré editore, 2017, Milano, 153) e l’esclusività è riferita al potere del titolare del diritto di escludere ogni ingerenza da parte di terzi dal godimento di quel medesimo bene. Tuttavia è noto che lo stesso art. 832 c.c. prevede che il diritto di godimento riconosciuto al proprietario non sia assoluto (come invece era previsto dal codice del 1865) ma che esso possa essere esercitato “entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico”. E’ questa una delimitazione positiva del contenuto del diritto che trova poi maggiore specificazione nella già menzionata disciplina delle immissioni di cui all’art. 844 c.c. ed in altre, numerose disposizioni dell’ordinamento che, per la brevità che caratterizza il presente contributo, non possono nemmeno essere accennate in questa sede.
Ed ecco allora che, per tornare a ‘volo d’uccello’ alla fattispecie concreta, il diritto del proprietario di godere della cosa in modo pieno ed esclusivo decidendo di realizzare un bagno in una stanza del proprio immobile, incontra un preciso limite, ed è destinato a soccombere (si legge nella sentenza che il CTU ha individuato una serie di opere idonee a ridurre le immissioni), di fronte alla prevalente e primaria esigenza di tutelare il diritto al riposo notturno, e quindi alla salute, del dirimpettaio che dall’utilizzo di tale bagno riceve una lesione “alla vivibilità dell’abitazione e alla qualità della vita all’interno di essa”.