Mobbing e straining: quali sono i presupposti per il risarcimento?

Maria Santina Panarella
13 Dicembre 2024

In tema di mobbing e straining quello che conta è il configurarsi di una condotta datoriale illegittima, anche soltanto a titolo di colpa, in quanto idonea a consentire il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, in contrasto con l’art. 2087 c.c.

Questo è quanto ha sottolineato la Corte di Cassazione che, nella recente ordinanza n. 31912 dell’11 dicembre 2024, ha evidenziato, nella sostanza, quali siano i presupposti del risarcimento per mobbing e straining.

La Corte d’appello aveva confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda proposta da una lavoratrice nei confronti di un Comune e della Società con la quale il primo aveva stipulato una polizza assicurativa volta a tenerlo indenne da responsabilità civile, avente ad oggetto la condanna del Comune datore al risarcimento dei danni patiti per le condotte mobbizzanti ascrivibili alla responsabilità dell'Ente per non averle impedite.

La Corte territoriale aveva reputato infondata nel merito la domanda della lavoratrice, ritenendo inconfigurabile un’ipotesi di mobbing perché le condotte denunciate non sarebbero state caratterizzate dalla sistematicità né riconducibili ad un unitario disegno persecutorio.

La lavoratrice aveva impugnato la sentenza lamentando, tra gli altri, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2103,2043,2059 e 2087 c.c.

La Corte di Cassazione ha condiviso la censura della lavoratrice ritenendo che la stessa trovasse riscontro nell’ “orientamento di recente invalso nella giurisprudenza di questa Corte, che attribuisce valenza meramente sociologica alle nozioni di mobbing e di straining affermando la loro irrilevanza ai fini giuridici in relazione ai quali ciò che conta è il configurarsi di una condotta datoriale che si riveli illegittima, anche soltanto a titolo di colpa, in quanto atta a consentire il mantenersi di un ambiente stressogeno fonte di danno alla salute dei lavoratori, in contrasto con l'art. 2087 c.c., inteso quale obbligo generale di prevedere ogni possibile conseguenza negativa della mancanza di equilibrio tra organizzazione di lavoro e personale impiegato, derivandone la necessità di porre attenzione a tutti i comportamenti, anche in sé non illegittimi ma tali da poter indurre disagio o stress che si manifestano isolatamente o invece si connettono ad altri comportamenti inadempienti, contribuendo ad inasprire gli effetti e la gravità del pregiudizio”.

Il ricorso, come detto, è stato accolto, e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte territoriale.

In argomento, si segnala anche Può una sola condotta mobbizzante del datore dare diritto al risarcimento del danno?

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