Il Garante Privacy ha fornito informazioni utili per cittadini e imprese in materia di oblio oncologico mediante la pubblicazione delle FAQ. Riportiamo qui di seguito testualmente quelle maggiormente rilevanti in ambito contrattuale e lavoristico.
Che cos’è il diritto all’oblio oncologico?
L’oblio oncologico è definito dalla legge 7 dicembre 2023, n. 193 come il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica, nei limiti indicati dalla predetta legge, per l’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, in sede di indagini sulla salute dei richiedenti un’adozione e per l’accesso alle procedure concorsuali e selettive, al lavoro e alla formazione professionale.
Chi garantisce il rispetto del diritto all’oblio oncologico?
Il soggetto incaricato della vigilanza sull’applicazione delle norme in materia di oblio oncologico è il Garante per la protezione dei dati personali (art. 5, co. 4 l. 193/2023), autorità chiamata a svolgere anche un ruolo proattivo di sensibilizzazione e informazione.
Le banche, le assicurazioni e i datori di lavoro possono chiedere informazioni su una patologia oncologica conclusa da dieci anni?
Per quanto riguarda l’accesso ai servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, la legge ha vietato la richiesta di informazioni relative allo stato di salute del contraente (persona fisica) concernenti patologie oncologiche da cui sia stato precedentemente affetto e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni.
Se il soggetto aveva meno di ventuno anni al momento in cui è insorta la patologia, questo periodo è ridotto a cinque anni.
Non è possibile assumere informazioni concernenti le patologie oncologiche pregresse neanche da fonti diverse dal contraente e, se l’operatore o l'intermediario le hanno per qualche motivo già a disposizione, non possono utilizzarle per la determinazione delle condizioni contrattuali.
Questo riguarda la stipulazione o il rinnovo dei contratti relativi a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi o, comunque, di ogni altro tipo di contratto, anche esclusivamente tra privati, quando, al momento della stipulazione del contratto o successivamente, le informazioni potrebbero influenzarne condizioni e termini.
Inoltre, le banche, gli istituti di credito, le imprese di assicurazione e gli intermediari finanziari e assicurativi devono fornire adeguate informazioni relativamente all’oblio oncologico, facendone anche menzione nei moduli o nei formulari appositamente predisposti e utilizzati per la stipulazione e il rinnovo dei contratti.
Questi obblighi informativi devono essere osservati in tutte le fasi di accesso a servizi bancari, finanziari, di investimento e assicurativi, anche nella fase delle trattative precontrattuali, in quella della stipulazione o del rinnovo dei contratti.
È, infine, espressamente vietato agli istituti di credito, alle imprese di assicurazione e agli intermediari finanziari e assicurativi di richiedere l'effettuazione di visite mediche di controllo e di accertamenti sanitari per la stipulazione dei contratti.
Il datore di lavoro può chiedere, sia in fase selettiva sia in costanza di rapporto di lavoro, informazioni su un’eventuale pregressa patologia oncologica del lavoratore?
Il datore di lavoro, nella fase preassuntiva, qualora sia previsto l’accertamento di requisiti psico-fisici o concernenti lo stato di salute dei candidati, non può richiedere dati concernenti patologie oncologiche da cui gli interessati siano stati precedentemente affetti e il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni alla data di richiesta.
Tale periodo è ridotto della metà nel caso in cui la patologia sia insorta prima del compimento del ventunesimo anno di età dell’interessato (art. 4 comma 1 della l. 7 dicembre 2023, n. 193).
In ogni caso, sia nella fase preassuntiva che nella fase successiva all’instaurazione del rapporto di lavoro, resta salvo il rispetto delle norme nazionali più specifiche (art. 88 e cons. 155 del Regolamento) e, in particolare, delle disposizioni che vietano al datore di lavoro di acquisire, anche a mezzo di terzi, e trattare, informazioni su fatti non rilevanti ai fini della valutazione dell’attitudine professionale del lavoratore (cfr. art. 113 del Codice, che richiama l’art. 8 della l. 20 maggio 1970, n. 300 e l’art. 10 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276). Dunque, di regola, il datore di lavoro non può conoscere le specifiche patologie sofferte dall’interessato sia in precedenza che in costanza di rapporto di lavoro.
In tale quadro e in coerenza con le disposizioni vigenti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, il medico competente è, per legge, l’unico legittimato a trattare in piena autonomia e competenza tecnica i dati personali di natura sanitaria indispensabili per tutelare la salute e la sicurezza dei luoghi di lavoro, non potendo informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi del lavoratore essere in alcun modo trattate dal datore di lavoro (d.lgs.9 aprile 2008 n. 81, spec. art. 41; documento di indirizzo del 13 maggio 2021 “Protezione dei dati - Il ruolo del medico competente in materia di sicurezza sul luogo di lavoro, anche con riferimento al contesto emergenziale”, doc. web n. 9585367).
Come documentare le assenze dal servizio effettuate dal lavoratore per motivi di salute legati anche alle patologie oncologiche pregresse o in atto?
In generale, nella ordinaria gestione del rapporto con il dipendente, il datore di lavoro è legittimato ad acquisire documentazione relativa all'́effettuazione di visite mediche, prestazioni specialistiche o accertamenti clinici, quando il dipendente richiede di usufruire di permessi per le assenze dal servizio correlate a tali esigenze o quando chieda il riconoscimento di benefici di legge legati a particolari condizioni di salute degli interessati (tra i quali, anche familiari e conviventi del lavoratore).
Tale documentazione, che il dipendente, in base alla legge e nei casi previsti dalla contrattazione collettiva di settore, è tenuto a produrre, non deve comunque recare informazioni diagnostiche, né la specifica prestazione sanitaria effettuata o altri dettagli da cui sia possibile risalire alla patologia sofferta (ad esempio, lo specifico reparto della struttura sanitaria che ha erogato la prestazione, la specializzazione del medico, la terapia farmacologia etc.).
Pertanto, il datore di lavoro, ai fini della giustificazione dell’assenza dal servizio del lavoratore per l’effettuazione di una qualunque prestazione specialistica (anche relativa a eventuali patologie oncologiche), è legittimato all’acquisizione del documento che attesta la sottoposizione a una prestazione sanitaria specialistica senza l’indicazione o riferimenti a informazioni da cui sia possibile risalire al tipo di prestazione sanitaria ricevuta e/o alla patologia sofferta.
Resta salvo che, ove dalla documentazione prodotta dal dipendente tali dettagli informativi risultino presenti, il datore di lavoro, salva la conservazione del documento in base agli obblighi di legge, dovrà astenersi dall’utilizzare tali informazioni per altre finalità, nel rispetto dei principi di protezione dei dati (art. 2-decies del Codice).