La Corte di Cassazione ha recentemente affrontato un caso di impugnazione di due distinti licenziamenti disciplinari (ord. n. 1376/2025 del 20 gennaio 2025).
Nella vicenda affrontata, il datore di lavoro, dopo un mese dalla prima lettera di licenziamento, aveva trasmesso al lavoratore una seconda lettera di recesso richiamando nuove, e dunque diverse, contestazioni.
La Corte d’appello aveva ritenuto, da un lato, che le condotte poste alla base del primo licenziamento fossero suscettibili solo di sanzioni conservative, mentre aveva reputato pienamente valido ed efficace il secondo recesso.
Il lavoratore, nell’impugnare la sentenza di secondo grado, aveva lamentato la violazione degli art. 2 della l. 604/66 e 18 della l. 300/1970 sostenendo che il secondo licenziamento, in quanto fondato su motivi già noti alla data di intimazione del primo licenziamento, avrebbe dovuto essere considerato invalido.
La Cassazione non ha condiviso la critica del lavoratore.
I fatti della seconda contestazione – ha osservato la Corte – erano cronologicamente successivi a quelli oggetti della prima contestazione e da questi sganciati. Dalla sequenza degli atti disciplinari, la Corte territoriale aveva tratto l’autonomia delle due procedure e l’insussistenza di una cd. contestazione a catena, richiamando la pertinente giurisprudenza di legittimità con la quale è stato chiarito che, “ove il datore di lavoro abbia intimato al lavoratore un licenziamento individuale, è ammissibile una successiva comunicazione di recesso dal rapporto da parte del datore medesimo, purché il nuovo licenziamento si fondi su una ragione o motivo diverso sopravvenuto o, comunque, non conosciuto in precedenza dal datore, e la sua efficacia resti condizionata all’eventuale declaratoria di illegittimità del primo (Cass. 106/2013; Cass. n. 19089/2018)”.
Nel caso di specie, secondo la Cassazione, la Corte territoriale, con argomentazione logica e congrua, aveva interpretato la nozione di fatto sopravvenuto “non solo come fatto già noto in funzione di impedire strumentali contestazioni a catena, ma anche come fatto conosciuto dopo la prima contestazione (…), non essendo imposta l’unificazione delle due procedure disciplinari”.