Responsabilità da cose in custodia: la condotta colposa del danneggiato rileva anche se prevedibile?

Stefano Guadagno
30 Ottobre 2024

La Cassazione torna a occuparsi di responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c., ribadendo che l’incidenza causale del comportamento del danneggiato nella verificazione dell'evento dannoso presuppone solo la condotta colposa del danneggiato, non richiedendosi, invece, che essa si presenti anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile

Questo il principio affermato dalla Cassazione, con ordinanza del 16 ottobre 2024, n. 26895.

La vicenda processuale origina dalla domanda proposta da due genitori, nei confronti di impresa edile e del Comune, per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal figlio a causa della caduta in una buca aperta su un marciapiede di una via cittadina all’interno di un complesso edilizio realizzato dall’impresa convenuta.

Rigettata la domanda risarcitoria dal primo giudice, la Corte d'Appello accoglieva la stessa esclusivamente nei confronti dell’impresa edile, riconosciuta responsabile dell'incidente in concorso con la stessa vittima, per una quota dell'80%.

La Corte territoriale era giunta a tale conclusione sulla base dell’assunto che al fine di escludere del tutto la responsabilità del custode non è sufficiente la mera condotta colposa del danneggiato, ma la sua eccezionalità, imprevedibilità e imprevenibilità. La condotta dì un ragazzo appena dodicenne non era assolutamente imprevedibile e, allo stesso modo, non può affermarsi che l'evento non fosse prevenibile mediante l'adozione di idonee cautele. Conseguentemente, la Corte d’Appello aveva escluso che la condotta del danneggiato e di che ne aveva l'onere della vigilanza e del controllo possano avere reciso del tutto il nesso eziologico tra il danno e la res custodita.

La Corte di Cassazione – adita dall’impresa edile - ha ritenuto che tale ricostruzione si ponga in contrasto con il principio giurisprudenziale – cui la Suprema Corte ritiene di dover dare seguito – in forza del quale “in tema di responsabilità per cosa in custodia, l'incidenza causale (concorrente o esclusiva) del comportamento del danneggiato presuppone che lo stesso abbia natura colposa, non richiedendosi, invece, che la condotta si presenti anche come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile” (in questi termini, Cass., 24 gennaio 2024, n. 2376).

Nel senso dell’incidenza causale della condotta negligente del danneggiato, a prescindere dalla natura autonoma ed eccezionale della stessa, si è espressa, d’altronde, la costante giurisprudenza di legittimità. Ancora di recente è stato ribadito che “la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva - in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode - e può essere esclusa: a) dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure b) dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno della condotta del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del danneggiato: Cass. n. 21675/2023; Cass. n. 2376/2024) o, indefettibilmente, la seconda dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all'evento pregiudizievole” (in questi Cass., 27 aprile 2023, n. 11152, nel solco di quanto affermato dalle Sezioni Unite con sentenza n. 20943 del 2022).   

Ancor più di recente, si richiama Cass., 3 maggio 2024, n. 11942 (con nostro commento, Nessuna responsabilità da cose in custodia del comune se il runner è negligente), la quale ha chiarito che la responsabilità da cose in custodia ex art. 2051 c.c. può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno della condotta del danneggiato o di un terzo. Su queste premesse, in quel caso, è stata rinvenuta una causa esclusiva del sinistro, idonea ad elidere il nesso causale tra la cosa ed il danno, nel comportamento imprudente del danneggiato che, pur conoscendo bene il luogo del sinistro (per abitare nei pressi e per essere solito recarsi nella via dove è avvenuta la caduta), aveva scelto, per praticare il jogging, proprio una strada interessata dai lavori di un cantiere.

Nel solco di tali principi, si è posta poi l’ordinanza n. 35966 del 27 dicembre 2023 (pubblicata sul nostro sito con commento di Maria Santina Panarella, La condotta del danneggiato eccezionalmente incauta può costituire caso fortuito?), la quale ha ritenuto che la vittima di una rovinosa caduta, nel decidere di utilizzare la passerella al fine di accedere alla spiaggia, sebbene vi fosse un accesso all’arenile alternativo e più sicuro, avrebbe posto in essere una condotta assolutamente incauta che, per quanto in astratto prevedibile, integrerebbe gli estremi del caso fortuito.

Sviluppando questi rilievi, Cass., ordinanza 20 luglio 2023, n. 21675 (sul nostro sito con commento di Maria Santina Panarella, Responsabilità oggettiva per danno da cose in custodia e doveri di cautela: nessun risarcimento per chi cammina a piedi nudi a bordo piscina e cade), ha escluso il risarcimento per l’utente della piscina caduto mentre camminava a piedi nudi a bordo della piscina stessa. In particolare, la Corte ha precisato, nel precedente da ultimo citato, che la condotta negligente del danneggiato non deve essere necessariamente abnorme, essendo sufficiente che la stessa sia “colposamente incidente nella misura apprezzata”, cosicché “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini appena specificati, che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso”.

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