La Corte di Cassazione ha escluso il risarcimento per l’utente della piscina caduto mentre camminava a piedi nudi a bordo della piscina stessa (Cass., ordinanza 20 luglio 2023, n. 21675).
Il giudizio aveva preso le mosse dalla domanda diretta ad ottenere il risarcimento dei danni dalla società che gestiva lo stabilimento termale all’interno del quale si trovava la piscina. Il Tribunale aveva rigettato la pretesa risarcitoria, con pronuncia confermata dalla Corte di appello, sulla base del fatto che la parte attrice, percorrendo a piedi nudi il bordo della piscina, prevedibilmente e normalmente scivoloso, oltretutto all’aperto, era stata imprudente.
Prima di esaminare il motivo di ricorso della vittima, la Suprema Corte ha rammentato che, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa, gestita o custodita, o dal comportamento della stessa parte lesa o se vi sia stato concorso causale tra i due fattori, costituisce valutazione di merito da compiere sul piano del nesso eziologico, sottendendo un bilanciamento con i doveri di precauzione e cautela. Di conseguenza, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa, oltre ad atteggiarsi diversamente a seconda del grado d’incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione dell’art. 1227, co. 1 c.c., deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.
A questo fine, secondo la Corte, non è necessario che si tratti di condotta abnorme, essendo sufficiente che la stessa sia “colposamente incidente nella misura apprezzata”, cosicché “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile, nei termini appena specificati, che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso”.
La ricorrente aveva censurato la sentenza di secondo grado ritenendo che la Corte territoriale avesse errato nell’omettere di considerare che era stata invocata la violazione delle norme di sicurezza per la tenuta degli impianti che, a suo dire, era indice della colpa della convenuta e che confermava la legittimità della camminata senza calzature.
Secondo la Cassazione, la violazione delle norme di sicurezza dettate per regolamentare le autorizzazioni amministrative, sebbene possa essere indice di una possibile colpa soggettivamente imputabile al gestore o al custode, non giustifica comunque la condotta incauta “che sia giudicata tale in modo decisivo e assorbente ai fini ricostruttivi del nesso oggettivo”. E, nel caso di specie, il giudice di merito avrebbe – correttamente - applicato il bilanciamento tra pericolosità della cosa e obblighi di cautela, avendo apprezzato la sussistenza e l’agevole prevedibilità della prima, trattandosi di piscina all’aperto, così come la scelta di non premunirsi degli accorgimenti minimi per evitare di subirne gli effetti, camminando la parte ricorrente a piedi nudi.
La Corte ha poi aggiunto che il fatto che le norme in materia di sicurezza prevedano accorgimenti proprio assumendo l’ipotesi di simili passi, non significa che “potendosi verificare e percepire la marcata e in tesi anche mal gestita scivolosità del terreno, l’utente possa esimersi dalle ovvie cautele per evitarne le conseguenze, non predisponendo le quali può innescare una serie causale autonoma dal punto di vista della responsabilità civile risarcitoria”.