Con decreto del 10 ottobre 2024, la Prima Presidente della Corte di Cassazione ha dichiarato l’ammissibilità del rinvio pregiudiziale disposto dal Tribunale di Siracusa ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c. in tema di obblighi restitutori in caso di mutuo.

La questione centrale posta alla base dell’ordinanza di rinvio attiene al momento in cui, in alcune convenzioni negoziali, sia possibile ravvisare una traditio che comporti effettivamente la disponibilità delle somme mutuate in capo al mutuatario, con corollari di notevolissimo rilievo anche dal punto di vista dell’idoneità del contratto, ove stipulato nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata da notaio, ad integrare un titolo esecutivo.

Più precisamente, le questioni di diritto oggetto del rinvio pregiudiziale possono essere riassunte come segue:

  • se, in presenza di accordo negoziale con cui una banca concede una somma a mutuo effettivamente erogandola al mutuatario ma convenendo al tempo stesso che tale importo sia immediatamente ed integralmente restituito alla mutuante con l’intesa che esso sarà svincolato in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, la configurabilità a carico del medesimo mutuatario di una obbligazione attuale di restituzione della somma – per gli effetti di cui all’art. 474 , comma 1, c.p.c. – imponga inderogabilmente che l’importo erogato sia stato successivamente svincolato in favore del mutuatario ovvero se, al contrario, possano prospettarsi regolamenti contrattuali idonei a determinare l’insorgenza di un obbligo restitutorio caratterizzato da attualità anche prima del detto svincolo”;
  • conseguentemente, se, in presenza di accordo negoziale con cui una banca concede una somma a mutuo effettivamente erogandola al mutuatario ma convenendo al tempo stesso che tale importo sia immediatamente ed integralmente restituito alla mutuante con l’intesa che esso sarà svincolato in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, il contratto così stipulato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata possa fungere da titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c. contro il mutuatario solo allorché nelle medesime forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata sia attestato lo svincolo delle somme già mutuate e ritrasferite alla mutuante ovvero se, al contrario, un siffatto contratto concluso nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata possa costituire titolo esecutivo ai sensi dell’art. 474, comma 2, n. 3, c.p.c. anche in assenza di attestazione dello svincolo effettuata secondo le modalità previste da tale ultima disposizione, allorché il regolamento contrattuale sia idoneo a determinare l’insorgenza di un obbligo restitutorio caratterizzato da attualità anche prima di detto svincolo”.

La Prima Presidente ha ritenuto ammissibili le questioni sollevate dal Tribunale di Siracusa essendo le stesse oggetto di un contrasto giurisprudenziale non ancora risolto dalla Cassazione.

Secondo un primo orientamento l’accordo negoziale stipulato nella forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, con cui una banca concede una somma a mutuo effettivamente erogandola al mutuatario ma convenendo al tempo stesso che tale importo sia immediatamente ed integralmente restituito alla mutuante con l’intesa che esso sarà svincolato in favore del mutuatario solo al verificarsi di determinate condizioni, è da solo idoneo a costituire titolo esecutivo nonostante all’erogazione iniziale del denaro al cliente abbiano fatto immediato seguito la sua restituzione alla banca e la sua costituzione in deposito (v. ex multis Cass. 9229/2022).

Secondo altro orientamento invece il predetto accordo “ancorchè idoneo a perfezionare un contratto reale di mutuo, non consente di ritenere che dal negozio stipulato tra le parti risulti una obbligazione attuale, in capo al mutuatario, di restituzione della predetta somma (immediatamente rientrata nel patrimonio della mutuante) in quanto tale obbligo sorge, per esplicita volontà delle parti stesse, solo nel momento in cui l’importo erogato è successivamente svincolato ed entrato nel patrimonio del soggetto finanziato”. I fautori del secondo orientamento ritengono di escludere che un siffatto contratto possa costituire titolo esecutivo contro il mutuatario “essendo necessario a tal fine un ulteriore atto, necessariamente consacrato nelle forme richieste dall’art. 474 c.p.c. (atto pubblico o scrittura privata autenticata) attestante l’effettivo svincolo della somma già mutuata (e ritrasferita alla mutuante) in favore della parte mutuataria, sorgendo in capo a quest’ultima, solo da tale momento, l’obbligazione di restituzione di detto importo” (v. la recentissima Cass., 12007/2024).

Il tema centrale dell’ordinanza di rinvio presenta numerose difficoltà interpretative e costituisce questione di massima particolare importanza, essendo in parte già oggetto di altro precedente giurisprudenziale della stessa Corte di Cassazione.

Il riferimento è all’ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024, che ha rimesso alle Sezioni Unite la questione, seppur differente da quella affrontata dal Tribunale di Siracusa, riguardante il c.d. ‘mutuo solutorio’ stipulato per ripianare la pregressa esposizione debitoria del mutuatario verso il mutuante. Per l’esame dei diversi orientamenti in materia si rinvia ad un nostro precedente commento (v. sul nostro sito l’articolo di Camilla Maranzano “Profili giuridici del mutuo solutorio e la possibile rimessione alle Sezioni Unite”).

In conclusione, la Prima Presidente ha ammesso il rinvio sollevato dal Tribunale di Siracusa assegnando il suo esame alle Sezioni Unite.

Per leggere il testo integrale del decreto della Prima Presidente della Cassazione e dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Tribunale di Siracusa clicca qui:

https://www.cortedicassazione.it/page/it/ordinanza_pregiudiziale_31072024?contentId=RPC33455

Sullo stesso tema leggi anche sul nostro sito l’articolo di Camilla Maranzano “Profili giuridici del mutuo solutorio e la possibile rimessione alle Sezioni Unite”.

Con l’ordinanza interlocutoria n. 18903 del 10 luglio 2024, la Seconda Sezione Civile della Cassazione ha rimesso gli atti alla Prima Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite di alcune questioni giuridiche di massima importanza riguardanti il mutuo solutorio, cioè quel mutuo utilizzato per il ripianamento di debiti pregressi.

1. - I fatti oggetto di causa

Una banca otteneva un decreto ingiuntivo contro due propri clienti, i quali venivano condannati a pagare l’importo di € 50.742,86 a titolo di saldo negativo del conto corrente acceso presso la banca stessa e garantito da ipoteca.

Contro il predetto decreto ingiuntivo i clienti proponevano opposizione davanti al Tribunale di Ferrara, deducendo di avere stipulato con la Banca nel corso del tempo ben cinque contratti di mutuo, il primo ipotecario nel 1990, il secondo ipotecario nel 1995, due nel 1998, dei quali uno chirografario e l’altro ipotecario, e l’ultimo nel 2000, quale mutuo ipotecario per Lire. 900.000.000 con contestuale apertura di credito su conto corrente e sulla base del quale la creditrice aveva proposto il ricorso per decreto ingiuntivo.

In particolare, con l’opposizione denunciavano l’illegittimità del comportamento della Banca per aver concesso mutui sempre regolati su conti correnti ipotecari che servivano a pagare il debito pregresso, già maturato per capitale e interessi. Rilevavano altresì che la Banca aveva solo apparentemente erogato le somme, posto che le stesse non erano mai uscite dalle casse dell’asserita mutuante, ma erano state utilizzate quale pagamento dei mutui e delle aperture di credito precedenti.

Contro la sentenza del Tribunale di Ferrara n. 195/2016 che aveva solo parzialmente accolto l’opposizione, i clienti. proponevano appello, poi rigettato dalla Corte d’Appello di Bologna con la sentenza n. 905/2020, pubblicata il 4 marzo 2020, condannando gli appellanti alla rifusione delle spese di lite.

Nello specifico la Corte d’appello di Bologna aveva ritenuto infondate le deduzioni sulla nullità del contratto di mutuo per mancata erogazione della somma ritenendo che l’accredito sul conto corrente equivaleva alla consegna prevista dall’art. 1813 c.c.

Il Giudice di secondo grado riteneva altresì che il fatto che la somma mutuata era stata poi utilizzata dalla Banca per estinguere il mutuo precedente non escludeva l’avvenuta consegna e dimostrava l’esistenza di una causa concreta del negozio, che era servito al debitore a ripianare le passività pregresse.

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Bologna i clienti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a nove motivi.

2. - I motivi di ricorso per cassazione

Con il primo motivo di ricorso è stata censurata la sentenza impugnata per avere la Corte d’appello di Bologna ritenuto che la decisione di impiegare le somme mutuate per estinguere i debiti precedenti fosse stata una libera scelta dei ricorrenti al fine di mantenere il rapporto con la Banca. Secondo i ricorrenti risultava del tutto mancante la prova degli atti di disposizione del denaro.

Il giudice di secondo grado avrebbe dovuto spiegare da dove avesse ricavato che le operazioni erano state volute e autorizzate dai ricorrenti.

Secondo i ricorrenti, in mancanza di dimostrazione dell’accordo sulla destinazione della somma, “viene confermata la tesi che la traditio era stata assente, in quanto unilateralmente e contestualmente la Banca aveva accreditato e stornato la somma di Lire. 897.000.000 mediante un mero giroconto”.

La Corte d’appello di Bologna avrebbe dunque erroneamente escluso la rilevanza del precedente costituito dall’ordinanza della Cassazione n. 20896 del 2019, poiché secondo i ricorrenti anche nel loro caso “non è avvenuto alcun trasferimento di proprietà ma una semplice operazione contabile, definita tecnicamente dalla Banca "operazione di giro", con la quale la Banca ha utilizzato le somme per estinguere i finanziamenti pregressi dei correntisti, in assenza di alcuna istruzione in tal senso”.

Il mero accredito sul conto corrente a cui consegua l’immediata riappropriazione autonoma delle somme da parte della Banca mutuante, secondo i ricorrenti, impedisce “di fare ritenere acquisita la disponibilità delle somme in capo al mutuatario, in quanto nel caso di specie l’operazione non risultava autorizzata dai ricorrenti”.

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti hanno evidenziato che l’estratto conto del 31 dicembre 2000 qualificava come “operazione di giro” quello che la Corte d’Appello aveva qualificato erroneamente come mutuo. Secondo i ricorrenti il giudice di secondo grado avrebbe dovuto prendere posizione sul problema della valenza dell’affermazione contenuta nel documento e, ritenendola come ammissione di un fatto a sé sfavorevole, cioè come ammissione di non avere mai messo a effettiva disposizione del correntista le somme oggetto del mutuo inesistente, avrebbe dovuto accogliere l’impugnazione.

3. - L’ordinanza interlocutoria: gli orientamenti giurisprudenziali a confronto

Sulle questioni poste dai primi due motivi di ricorso, relative alla qualificazione del cosiddetto ‘mutuo solutorio’, si sono registrate soluzioni non uniformi nella giurisprudenza di legittimità.

Di tale contrasto la Cassazione dà atto nell’ordinanza interlocutoria in commento, auspicando l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Secondo l’orientamento prevalente, il mutuo solutorio – cioè quel mutuo stipulato al fine di ripianare una pregressa esposizione debitoria - non sarebbe nullo e non potrebbe essere qualificato come una mera dilazione del termine di pagamento del debito preesistente oppure quale pactum de non petendopoiché l’accredito in conto corrente delle somme erogate è sufficiente a integrare la datio rei giuridica propria del mutuo e il loro impiego per l'estinzione del debito già esistente purga il patrimonio del mutuatario di una posta negativa” (v. Cass. n. 23149 del 2022). 

Il predetto indirizzo maggioritario si pone in continuità con alcune pronunce della giurisprudenza di legittimità più risalenti nel tempo – e cioè Cass. n. 5193 del 1991 e Cass. n. 1945 del 1999 – secondo cui “il perfezionamento del contratto di mutuo, con la consequenziale nascita dell'obbligo di restituzione a carico del mutuatario, si verifica nel momento in cui la somma mutuata, ancorché non consegnata materialmente, sia posta nella disponibilità del mutuatario medesimo, non rilevando, a detto fine, che sia previsto l'obbligo di utilizzare quella somma a estinzione di altra posizione debitoria verso il mutuante”.

In senso difforme si è espressa altra parte della giurisprudenza di legittimità, sostenendo che “l’utilizzo di somme da parte di un istituto di credito per ripianare la pregressa esposizione del correntista, con contestuale costituzione in favore della banca di una garanzia reale, costituisce un’operazione meramente contabile in dare e avere sul conto corrente, non inquadrabile nel mutuo ipotecario, il quale presuppone sempre l'avvenuta consegna del denaro dal mutuante al mutuatario; tale operazione determina di regola gli effetti del pactum de non petendo ad tempus, restando modificato soltanto il termine per l'adempimento, senza alcuna novazione dell’originaria obbligazione del correntista” (v. Cass. n. 1517 del 2021 oggetto di un nostro precedente commento a cura di S. Guadagno, Quale è la natura del mutuo contratto con lo scopo di estinguere un pregresso debito?).

L’indirizzo minoritario si fonda sul fatto che il mutuo solutorio provoca l’effetto sostanziale di dilatare le scadenze dei debiti pregressi.  

La dottrina, facendo leva sul fatto che l’art. 1231 cod. civ. non attribuisce un effetto novativo alle modificazioni accessorie dell’obbligazione, ha evidenziato come “tra le diverse modificazioni non novative di un rapporto obbligatorio siano annoverate dalla giurisprudenza anche l'apposizione di diverse condizioni economiche, la modificazione di clausole relative al tasso di interessi e l'aggiunta di garanzie

Il rapporto obbligatorio, seppur modificato, in forza dell’orientamento in esame, “conserva la propria precedente identità anche dopo la conclusione del mutuo solutorio; ciò in quanto manca, per qualificare il mutuo solutorio in termini di novazione, anche l'animus novandi, posto che nei contratti di mutuo solutorio non si rintraccia in genere alcuna espressa e inequivoca volontà di estinguere l'obbligazione precedente”.

L’indirizzo minoritario se, da una parte, non nega che per il perfezionamento del mutuo sia sufficiente la dazione giuridica delle somme e che l’accredito in conto corrente possa bastare a questo fine; dall’altra, afferma che la traditio deve realizzare il passaggio delle somme dal mutuante al mutuatario, e cioè comportare l’acquisizione della loro disponibilità da parte del mutuatario, effetto che non si ravvisa “nel caso in cui la banca già creditrice con tali somme realizzi il ripianamento del precedente debito”.

In conclusione, nell’ordinanza interlocutoria in commento, la Corte di Cassazione si è chiesta “se sia corretto ritenere che il ripianamento delle precedenti passività eseguito dalla Banca autonomamente e immediatamente con operazione di giroconto, […], soddisfi il requisito della disponibilità giuridica della somma a favore del mutuatario, per cui il ripianamento delle passività abbia costituito una modalità di impiego dell'importo mutuato entrato nella disponibilità del mutuatario; in caso di risposta positiva, ci si chiede se in tale ipotesi il contratto di mutuo possa costituire anche titolo esecutivo”.

La Corte ha quindi disposto la trasmissione degli atti alla Prima Presidente, affinché possa valutare l'opportunità di assegnare la predetta questione allo scrutinio delle Sezioni Unite.

Per leggere il testo integrale dell’ordinanza clicca qui

https://www.cortedicassazione.it/resources/cms/documents/18903_07_2024_civ_noindex.pdf

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