Il caso
Un lavoratore ha effettuato, presso l’orologio marcatempo del datore di lavoro, la timbratura del badge della collega assente, poi giunta sul posto di lavoro in un orario più tardo. Tale condotta provoca il licenziamento del primo dipendente, che viene però ritenuto illegittimo dalla Corte d’Appello, in applicazione dei principi dettati da una (precedente, rispetto a quella qui commentata) decisione della Suprema Corte, che aveva annullato la pronuncia di merito innanzi a lei impugnata. La (seconda) decisione d’appello, che aveva disposto la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente licenziato, viene confermata dalla sentenza che costituisce il termine di riferimento di queste brevi considerazioni.
Vediamo perché.
La disciplina di legge
Come è noto, l’uso di apparecchiature elettroniche idonee a controllare ‘a distanza’ la prestazione lavorativa dei dipendenti è disciplinato dall’art. 4 della L. n. 300/1970, modificato dall’art. 23 del d. lgs. 151/2015. Nella sua versione applicabile ratione temporis ai fatti di causa, l’articolo in parola sanciva un espresso divieto di utilizzare “impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori”. Tale divieto, tuttavia, non era assoluto, ma era anzi destinato a venire meno nella ipotesi in cui ricorressero “esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro” e nel caso in cui, in ragione di tali esigenze, fosse precedentemente intervenuto un accordo con le rappresentanze sindacali aziendali teso a disciplinare l’utilizzo degli strumenti elettronici in questione.
La decisione fornita da Cass. n. 25645/2023
Nel caso di specie, l’illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore si fonda proprio sulla disciplina più sopra brevemente accennata. Più in particolare, avendo riscontrato l’assenza di accordi autorizzativi tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali circa l’utilizzo degli strumenti elettronici che consentono il controllo a distanza dell’attività lavorativa, la Suprema Corte ha confermato la decisione con cui la Corte di Appello “ha accertato che le acquisizioni dei dati tramite il badge elettronico erano illegittime ed ha verificato, con accertamento di fatto a lei riservato, che i dati acquisiti per il tramite dei sistemi di rilevazione delle entrate e delle uscite non erano perciò utilizzabili e che non vi erano altre evidenze...per ritenere provata la condotta contestata che perciò era indimostrata”.
In sostanza, l’illegittimità delle rilevazioni dei sistemi elettronici determina l’inutilizzabilità ai fini disciplinari delle anzidette rilevazioni e, di conseguenza, l’illegittimità della sanzione disciplinare che su di esse si fondi.
Per un approfondimento sul tema, si veda anche https://www.studioclaudioscognamiglio.it/ancora-sui-controlli-difensivi-cass-n-18168-2023-ribadisce-alcuni-principi/